Lorenzo Muto raffina l'arte di sorprendere in tre minuti

I lavori realizzati per band come I cani, Zen Circus e Loud

Lorenzo Muto raffina l'arte di sorprendere in tre minuti

Molto del cinema invisibile che oggi circola in rete lo si può trovare nei videoclip musicali di registi indipendenti. Dopo l'ondata dei video «intelligenti» alla Spike Jonze di inizio Anni Novanta, da un paio d'anni assistiamo a un profondo rinnovamento di questo linguaggio audiovisivo solo apparentemente commerciale o di serie B, con il ritorno a strutture narrative e all'utilizzo di tecniche di impianto più tradizionalmente cinematografico. Chi ha ammirato i lavori di AG Rojas per Gil Scott Heron e Spiritualized, i suoi lunghi piano sequenza, o la rilettura della «Scuola di Atene» di Raffaello realizzata da Alex Southam per gli Alt-J, scoprirà in Lorenzo Muto, giovane regista romano che opera con band indipendenti, la capacità di condensare in tre minuti e mezzo narrazioni parallele e una moltiplicazione dei punti di vista, giocando a lasciare lo spettatore sempre con un elemento sorprendente nello scioglimento finale. Se qualcuno avrà guardato i video realizzati per gruppi relativamente osservati, come I Cani, Zen Circus, Loud, il meglio della sua produzione la si rintraccia nelle realizzazioni sotterranee che trovate al sito Il Poliformo.com (http://www.ilpolimorfo.com). Molto spesso i protagonisti della sue storie sono bambini o adolescenti, forse per una necessità di sdoppiare lo sguardo rispetto al senso della realtà di un adulto. In The firefly (nella foto), realizzato per i June Miller, post rocker di La Spezia, vediamo il protagonista in due momenti distinti della sua vita, da ragazzino e da grande, alle prese con una misteriosa scatola. Nel clip di Uteri dei romani Il Movente seguiamo una giovane madre e sua figlia mentre cercano in discariche e treni fili elettrici e batterie, oppure intente a rimontare il nastro di una videocassetta, per uno scopo misterioso che ci sarà svelato solo dall'ultima sequenza. In Let Your body out degli Indie boys are for hot girl il confronto tra il mondo degli adulti e quello dei bambini assume i toni violenti dello scontro dentro a una famiglia segnata dal problema della sordità, con un uso magistrale del controcampo.

Per If i could take a light dei Majakovich, emuli umbri dei Tv on the Radio, il regista ha invece concepito una curiosa caccia al tesoro, affidata a due ragazze impegnate in una fuga dal centro e porta ancora una volta a una conclusione spiazzante.

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