Madame Barbieri-Nini, «mostro» di talento

«Esiste una bruttezza espressiva che può in certa misura essere messa a frutto sulla scena; un'ordinaria meschinità di fattezze che il genio può illuminare e animare; ma la bruttezza di Madame Barbieri-Nini era insieme grande e greve, un'ineluttabile costante». Sulla «bruttezza» che diviene espressiva, non si può che concordare, essendo ancora vicino il ricordo non raro anche nell'attuale società dell'apparire - di certe ugole d'oro, la cui voce faceva dimenticare la larghezza della cintura o il debordante décolleté. Più difficile sapere se Marianna Barbieri-Nini, soprano fiorentino per il quale Verdi scrisse ben tre ruoli (il più celebre e nuovo, quello della disumana ambiziosa Lady Macbeth) fosse il «mostro» di cui così parla un noto giornalista inglese dell'Ottocento. Potrebbe trattarsi di una delle tante inesattezze che diventano, passando di copia in copia, dalle gazzette ai dizionari, verità non verificate. Imprecisioni messe a nudo, con ironia e documentazione, dalla monografia Marianna Barbieri - Nini di Eduardo Rescigno (editore Zecchini, pp. 345, 25). L'autore non dimostra che la Barbieri-Nini fosse in realtà una Venere come la Contessa di Castiglione, piuttosto, riconducendo il suo passaggio nel Paese del Melodramma alle sole fonti attendibili, ci mostra la precaria vita dei teatranti dall'interno.

La storia della «Signora Macbeth», grazie alla serietà dell'esposizione, mantiene quanto il sottotitolo, con il suo lungo e ironico titolo alla Lina Wertmüller, promette: I mezzi-successi, le semi-cadute, le compiute sconfitte e i mancati trionfi di una grande cantante.

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