nostro inviato a Sanremo
Elio e le Storie Tese con La canzone mononota, che è già un tormentone, i Modà con Se si potesse non morire, e Marco Mengoni con L'essenziale se la sono giocata nella finale a tre nella notte. Ora, sciolte le ultime polemichette, resta solo l'eco delle canzoni, che spesso è la vera sorpresa non solo per il pubblico ma anche per i discografici e i giornalisti sapientoni. Mai dimenticarselo: chi arriva all'Ariston da Papa, spesso se ne esce da cardinale e nelle classifiche si scopre essere un semplicissimo chierichetto. Perciò ecco com'è stato il Conclave di Sanremo.
Le garanzie La nuova leva cantautoriale (per l'anagrafe festivaliera) ha confermato il proprio ottimo livello: Max Gazzé etereo e divertente, Daniele Silvestri forse più sottotono e salvato dall'intuizione di cantare A bocca chiusa' con alle spalle un interprete del linguaggio dei segni. E Simone Cristicchi? Un po' anestetizzato dall'emozione specialmente nella prima esibizione ma destinato a resistere a lungo nella memoria con La prima volta (che sono morto) che spiega le disillusioni del nostro tempo molto più di tanti manifesti elettorali. E anche i Modà hanno dimostrato di essere garanzie di un certo tipo di sonorità. Qualcuno li definisce i nuovi Pooh. E qualcuno ci sorride su. Solito snobismo.
Cavalli pazzi Più pazzi di Elio e Le Storie Tese non si può. Hanno combinato di tutto, lanciando un'intuizione che è già un tormentone (La canzone mononota, premio della critica) e prendendosi le libertà che soltanto loro posso permettersi. Un unico limite: in trent'anni di carriera il campionario si è ridotto e Rocco Siffredi o certi travestimenti sono prevedibili assai. Quindi meglio gli Almamegretta, più imprevedibili anche perché cantavano un brano di Federico Zampaglione (subito eliminato). Ma meno convincenti perché la versione del Ragazzo della via Gluck e il brano sopravvissuto (Mamma non lo sa) sono volatili.
Fuoriclasse Casomai qualcuno non se ne fosse accorto, Gualazzi combina grazie e furore con uno stile unico. Molto jazz ma non solo. Bocciata la sua voce nella prima sera, si è ripreso senza fare una piega. E tra pochi giorni inizia a suonare in mezza Europa. Bravissimo a prescindere.
Le meteore Pochi immaginano che Maria Nazionale possa ritornare in gara. Non ha deluso, anzi. Ma è troppo segmentata, nel senso che il suo gusto interpretativo e musicale sono necessariamente apprezzati da un pubblico ristretto. E anche Marta sui Tubi difficilmente si materializzeranno di nuovo qui. Forse è meglio.
Così così Malika Ayane domina la categoria: voce meravigliosamente stile Vanoni ma brani non perfettamente convincenti perché in bilico tra malizie radiofoniche e vocazione vintage. Per lei parte una nuova fase: molto stimolante, comunque, e assai rischiosa.
Il plotone talent Erano l'incognita più sbeffeggiata dalla critica. E invece la maggioranza dei ragazzi lanciati da Amici e X Factor non ha deluso. Anzi. Mengoni ha asciugato i propri virtuosismi vocali, è andato dritto al bersaglio, centrandolo in pieno specialmente in quella Ciao amore ciao di Luigi Tenco interpretata al venerdì sera. Idem per l'Annalisa più sensuale di sempre. Ha studiato, ha un brano (Scintille) che può aver vita lunga e soprattutto ha dimostrato a tutti che l'umiltà e l'impegno pagano. Deludente, invece, Chiara, fresca vincitrice di X Factor: forse il traghettamento dal talent show all'Ariston è stato troppo immediato e frastornante. E lei non ha saputo dare al pubblico un identikit preciso del proprio stile. Colpa delle canzoni. O dell'inesperienza, chissà.
Le scommesse Simona Molinari si è sbloccata. Bella voce, ottima presenza, ha debuttato qui trattando male un inedito di Luttazzi. Ma poi si è ripresa velocissimamente, complice anche un incredibile feeling con Peter Cincotti. Lei è swing, anzi elettroswing.
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