"Il mio centenario beve e gira il mondo. E lo fa per salvarlo"

Lo scrittore svedese torna con il suo eroe bestseller Allan

"Il mio centenario beve e gira il mondo. E lo fa per salvarlo"

A legger le avventure di Allan Karlsson, «giovane» e «vecchio» diventano terminologie relative. Parliamo di un uomo di centouno anni in preda a una passione sfrenata per il suo nuovo iPad, annoiato a morte dalla sua ricchezza, all'apparenza del tutto privo di buon senso, che si ritrova, complice il fidato Julius, coinvolto in operazioni di controspionaggio, crisi diplomatiche e spassosi incontri con tassisti masai, venditori di bare e big della politica tra cui la Merkel e Trump, tra New York, Corea del Nord, Germania e savana. L'ultracentenario Karlsson, che abbiamo conosciuto con Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve (200mila copie vendute solo in Italia) è l'eroe da fenomeno letterario mondiale, tradotto in oltre 30 paesi, a firma dello scrittore svedese Jonas Jonasson. Ora torna con il secondo episodio delle sue peripezie, Il centenario che voleva salvare il mondo (La nave di Teseo, trad. di Margherita Podestà Heir, pagg. 512, euro 22) e non sembra invecchiato per niente: all'inizio del volume celebra il suo compleanno a Bali, champagne a fiumi e mongolfiera.

Un grande ritorno: com'è avere 101 anni?

«Si sta benissimo: dopo un libro e due film, Allan è più in forma che mai».

Una nuova missione non sarà troppo?

«Mi creda: gli ho fatto un favore. È senza far niente che ci si ritrova vecchi in un baleno».

L'idea di questi incontri surreali, con Kim Jong-un, Trump e la Merkel, da dove nasce?

«Allan è tornato perché avevo voglia di mettere in scena il presente, come avevo fatto con il Novecento. Mi prendo gioco di loro, ma con tenerezza. Chiunque abbia un po' di senso dell'umorismo se ne renderà conto... quindi sono un po' preoccupato per Trump».

Emergono anche temi seri, come il neonazismo.

«Allan vuole solo sopravvivere ai neonazi arrabbiati, e ci riesce, naturalmente: non ha alcuna prospettiva politica. Tuttavia, dietro Allan c'è un autore e lui invece è preoccupato: la Terza guerra mondiale si sta svolgendo proprio ora, non sul campo, ma su internet. Non sappiamo più chi ci sia dietro un messaggio, non sappiamo se sia vero o meno. Che paura».

Ma perché abbiamo bisogno di un centenario per salvare il mondo?

«Il mio centenario va visto, se vogliamo, come un eroe dei cartoni animati. Le generazioni più giovani invece sono reali. Se finalmente riusciranno, ad esempio, a convincerci di quanto sia devastante la situazione climatica, forse la combatteremo insieme».

Quando lei ha compiuto cinquant'anni, si è inventato la saga di Allan e lui le ha cambiato la vita: da consulente che era, si è trasferito in Svizzera e si è messo a fare lo scrittore. Lo rifarebbe?

«Lo rifarei mille volte. Scrivere mi rende felice. Il mondo non sarà messo benissimo, ma per me scriverne è gioia pura».

L'idea di Allan come arrivò?

«All'inizio volevo solo rivelare i difetti di un intero secolo, ricordarli. Mentre scrivevo però, io e il centenario che volevo usare solo come guida abbiamo imparato a conoscerci. È diventato vivo, per così dire. Finché ha preso il controllo. Ora è famoso in tutto il mondo, mentre praticamente nessuno ha mai sentito parlare di me».

Il segreto di questa longevità?

Quel che ci uccide sono noia e perdita della gioia di vivere: Allan è attivo e non si preoccupa di niente. Questo lo tiene arzillo, nonostante beva parecchio».

Lei spera di arrivare a 101 anni?

«Ma certo. Non vedo l'ora di sedermi lì come un vecchio orso, mugugnando su quanto tutto un tempo fosse molto meglio».

Il terzo episodio è in arrivo?

«Al momento sto scrivendo tutt'altro. Allan mi ha detto chiaro e tondo: Sono stanco di te, voglio prendermi una pausa».

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