dal nostro inviato
Miracolo. Si ride a Venezia, si canta e si balla nel concorso ufficiale, in un film italiano. Coerentemente con lo scorso anno con Piuma di Roan Johnson, Alberto Barbera, direttore della Mostra del cinema di Venezia, tra i quattro film italiani in competizione ha scelto di inserire la commedia, un po' musical debitore della sceneggiata napoletana rivisitata, un po' action movie debitore non solo del poliziottesco italiano ma anche del cinema hongkonghese, Ammore e malavita dei Manetti Bros. Già dal titolo, con le due emme di amore, si capisce come il racconto delle due storie sentimentali parallele di Ciro (Giampaolo Morelli) temuto killer e Fatima (Serena Rossi) una giovane infermiera sognatrice e di Don Vincenzo (Carlo Buccirosso), il boss o' re do pesce e della astuta moglie Donna Maria (Claudia Gerini), sia eccessivo e quasi barocco nell'affondare l'acceleratore su taluni cliché partenopei con una libertà espressiva e un'autenticità che sono diventate perle rare nel nostro panorama cinematografico. I due registi romani, Antonio e Marco Manetti, convincono ancora una volta con un film ambientato a Napoli (ma c'è anche una piccola parte newyorchese), tre anni dopo Song'e Napule, tanto che nelle due proiezioni per la stampa, caso più unico che raro, sono stati numerosi gli applausi partiti soprattutto sui testi delle tante canzoni con le musiche composte dai genovesi Pivio & Aldo De Scalzi e scritte da Nelson.
Cinema popolare all'ennesima potenza, Ammore e malavita, nato da un'idea di Carlo Macchitella che ha prodotto il film insieme agli stessi registi e a Rai Cinema che lo distribuisce in sala dal 5 ottobre, è capace di parlare a tutti grazie a un gioco di rimandi che lavorano sull'alto e sul basso. Con nomi e personaggi che sembrano usciti dalla smorfia napoletana, il morto che parla, o culo, le zizze... Così se il boss re del pesce deve uscire di scena, la moglie si ricorda un film di James Bond e organizza la finta morte con tanto di bara con dentro un sosia che canta disperato la sua estraneità. Se poi serve un nuovo passaporto ecco che Donna Maria sceglie di chiamarsi Grazia Chelli, come la principessa di Monaco Grace Kelly. E poi la costruzione della scena - sulle note di What a Feeling del film Flashdance riletta in napoletano - in cui l'infermiera Fatima dovrebbe essere uccisa dal killer Ciro ma si scopre che erano fidanzati da ragazzi. C'è un balletto di morti sulla spiaggia che potrebbe essere la versione napoletana di Thriller di Michael Jackson. Tutto questo in una città in cui un tour operator, cantando «ormai si vende solo Scampia», fa fare ai turisti il giro per le Vele dove è ambientato Gomorra (c'è anche l'attore di quel film, Ciro Petrone, che qui, armato di Kalashnikov, non viene ucciso al contrario del film di Garrone).
«Tutto nasce - racconta uno dei due registi, Marco Manetti - da una cosa che ci diceva un nostro attore: Parigi tiene la Torre Eiffel, Roma il Colosseo, Napoli le Vele di Scampia. Così abbiamo utilizzato la positività furba dei napoletani che gli consente di poter scherzare e fare i soldi sui mali della città. Abbiamo poi aggiunto il musical e la sceneggiata napoletana - ma a modo nostro - che è una forma d'arte ingiustamente un po' dimenticata. Uno dei suoi maestri, Pino Mauro, ci ha fatto l'onore di fare una partecipazione».
Molto interessante, in questo senso, l'utilizzo di due cantanti napoletani eterogenei come Franco Ricciardi e Raiz (ex Almamegretta) che diventano qui anche due attori sorprendenti. E forse ha ragione l'altro fratello Manetti, Antonio, quando dice che «Napoli sta diventando la capitale italiana della cultura, del teatro, della musica, del cinema e dell'architettura».
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