Gao Xingjian, il primo scrittore cinese a vincere il Nobel (nel 2000), sfuggito alle Guardie rosse, sopravvissuto ai campi della Rivoluzione culturale, da trent'anni cittadino di Parigi, è un uomo squisito e filiforme. Sembra senza età (anche se ha 78 anni) e sembra non patire il viaggio travagliato, il caldo milanese e le interviste per il suo libro, Per un nuovo Rinascimento, appena pubblicato da La nave di Teseo (pagg. 174, euro 20). Sorride.
Perché serve un nuovo Rinascimento?
«Oggi, ovunque, la condizione umana è pervasa dalla politica: la politica, la legge del mercato e l'interesse economico prevalgono in tutti i settori. E allora, dov'è il posto della letteratura e dell'arte? Come possiamo tornare al senso del bello, alla vera conoscenza dell'uomo, della sua società e della sua vita attuale?».
Sono scomparsi?
«Due anni fa, alla Milanesiana hanno proiettato il mio film Il compianto per la bellezza, una critica alla società di oggi. La bellezza è in lutto, è morta: esistono solo le mode, il rumore della politica. Il senso del bello è scomparso dall'arte, anche contemporanea. Sono rimasti piccoli concetti: il design, la moda... Pensiamo alla ricchezza creativa del Rinascimento: perché questo impoverimento? Ecco come nasce il mio appello».
Che cosa intende quando dice che la politica pervade tutto?
«Mai, nella storia, c'è stata una società come quella del XX secolo. Gli scrittori e gli artisti sono persi nella confusione rumorosa delle ideologie: come possono avere un libero pensiero, una vera libertà di espressione?».
Come?
«Dobbiamo uscire dall'oscurità del XX secolo. Viviamo ancora nella confusione delle ideologie. Il Rinascimento era più libero di oggi: ecco perché c'erano tante creazioni artistiche».
Quando parla di ideologie e letteratura, a che cosa pensa?
«Alla letteratura impegnata, al politicamente corretto che influenza il pensiero. Mai, in passato, nella storia si è vissuta una imposizione come quella di oggi su artisti e scrittori. Dante era impegnato politicamente ma, quando ha scritto la Divina commedia, ha lasciato una testimonianza eterna: era oltre l'interesse politico ed economico, oltre la moda, al di là dell'epoca e del tempo. Questa è la grande letteratura, che ha annunciato il Rinascimento in Italia e poi in Europa. L'emancipazione del pensiero, che serve anche oggi».
Che posto ha oggi la letteratura?
«In realtà non c'è un posto per la letteratura, la grande letteratura. Oggi ci sono solo la pubblicità e la cultura del consumo, i bestseller. Tutto è motivato dalla legge del mercato, retto dalla moda. Ci sono capolavori, opere che resistono al tempo? Raro, molto raro».
Come si fa?
«Noi scrittori dobbiamo riflettere liberamente, oltre l'interesse politico ed economico, e assumerci l'onere della creazione: dimenticare il resto e riflettere sugli aspetti più difficili della condizione dell'esistenza umana di oggi».
Ma la libertà esiste? Nel libro fa un esempio sui dissidenti: e se fuggissero per scivolare in un'altra politica?
«Per sfuggire da una oppressione politica, spesso è facile finire classificati come dissidenti. Cioè finire in un'altra politica, quella dell'opposizione. Se fra queste due posizioni esiste una vera libertà dello scrittore, allora inizio davvero a esistere, come artista. Se riesco a trarmi fuori da queste ideologie che mi intrappolano - il marxismo, il liberalismo caratterizzato dall'interesse economico, il nazionalismo nelle sue mille forme - allora inizio a essere uno scrittore, e nasce un vero pensiero».
È la sua esperienza?
«Sono fuggito dalla Cina, da un regime e sono arrivato in Occidente, dove ci sono la legge di mercato e la dissidenza politica. Ma io ero fuori da tutto, ed è per questo che sono riuscito a finire La montagna dell'anima».
Il suo capolavoro.
«Mentre lo scrivevo non pensavo assolutamente alla pubblicazione. E oggi è tradotto in quaranta lingue. Le mie opere teatrali sono rappresentate in tutto il mondo, ma non nei grandi teatri, non sono operazioni commerciali».
Che cos'è la libertà della creazione?
«Per esempio, nella Montagna dell'anima c'è una mia estetica: è una ricerca sulla scrittura del romanzo. Non ci sono personaggi o uno sviluppo della storia in senso tradizionale: ci sono i pronomi io/tu/lui, in cui il lettore può immedesimarsi. Quella che introduco nel romanzo è una riflessione sulla vita, la storia, la politica, la letteratura, ma c'è un limite».
Qual è il limite?
«La narrazione. Senza, non è un romanzo. Nelle opere teatrali il limite è la recitazione degli attori. Quindi c'è l'innovazione, ma entro questi limiti».
L'innovazione è anche nella creazione della lingua?
«Sì. Un grande scrittore dovrebbe contribuire ad arricchire la sua lingua madre, come ha fatto Dante. Se scrivo in cinese, non uso la lingua codificata: uso una lingua rinfrescata, la lingua corrente. E, per essere bella, questa lingua deve essere compresa dall'orecchio, quando viene letta e ascoltata».
E quando scrive in francese?
«Ho scritto molte opere teatrali, e ho bisogno di dettarle, perché scrivo per gli attori che recitano: se la lingua si parla e si ascolta facilmente, allora sarà un successo».
All'epoca della Rivoluzione culturale bruciò diari e manoscritti. Perché?
«Era come il fascismo: se avessero trovato i miei manoscritti sarebbe stato un disastro. Le Guardie rosse frugavano ovunque, come nelle incursioni naziste. Così ho bruciato tutto».
E poi come ha fatto? Lo ha riscritto?
«No. Non ne valeva la pena: ho così tanto da scrivere...».
Perché è ancora censurato nel suo Paese?
«Bisogna chiedere a loro. Io non faccio politica: sono al di là di qualunque fatto politico, sono un libero pensatore. Non lo so».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.