Nabucco a Verona: tanto rumore per nulla

Prima dell'inizio di Nabucco, opera d'apertura del Festival dell'Arena di Verona, gli schermi avvertono che colpi di cannone e fucilate sarebbero state sparate a salve (caso mai altolocati e plebi equivocassero). Il regista Arnaud Bernard ha ambientato il tutto intorno al Teatro alla Scala durante le Cinque giornate di Milano. Le cannonate si accoppiano bene ai ritmi bellici del giovane Verdi, soprattutto se a guidare l'orchestra-jumbo dell'Arena c'è Daniel Oren, che ha Nabucco in tasca. In scena piccoli Martinitt giocano alla guerra. Poi si combatte sul serio: i milanesi ammassano barricate e gli austriaci a cavallo le fendono: patrioti e occupanti se le danno di santa ragione. Alla lunga però il Quarantotto scenico stanca: intorno alla Scala diruta non si capisce un gran ché dei maneggi e del pentimento di Abigaille come della follia e dell'amor paterno di Nabucco. La migliore della compagnia di canto era Carmen Topciu, nella parte non protagonistica di Fenena. L'impegno degli altri non ha nascosto la caratura incerta di George Gagnidze (Nabucco), le agilità sbozzate di Tatiana Malnychenko (Abigaille), la foga tonitruante di Stanislav Trofimov (Zaccaria) e l'incerta timidezza di Walter Fraccaro (Ismaele).

Il Coro si sente bene e non manca l'appuntamento con il rito vocal-collettivo da bis, il Va' pensiero. I nostri migliori «pensieri» vanno a quanti lavorano per mantenere viva l'Arena nonostante il prezzo da pagare sia sempre lo stesso: condono tombale dei baratri pregressi e amen.

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