"Noi zingari del grunge, con le chitarre superiamo ogni moda"

A novembre il loro primo cd dopo 15 anni. L'accusa: "I politici? Si preoccupano dei matrimoni gay invece che dei veri problemi"

I Soundgarden
I Soundgarden

Tanto poi il discorso finisce sempre lì: finisce sul grunge. Anche oggi che pubblicano il primo disco dopo quindici anni. King animal, eggià: chitarra al centro, voce meno zeppeliniana, suoni che per forza ora sanno di vintage. «Vogliamo metter d'accordo fan vecchi e fan nuovi», dicono Chris Cornell (voce più rotonda, fisico più asciutto) e Ben Sheperd (bassista più ordinato ma assai più invecchiato). In fondo, con Nirvana e Pearl Jam, i Soundgarden sono sul podio di quella favolosa e disperata escrescenza rock che tra fine '80 e metà '90 ha tolto alle classifiche la lacca per capelli e i colori fluo di Motley Crue e Guns N'Roses mettendoci riflessioni e camicie a quadri, più Stooges e più Neil Young e meno onanismo virtuosistico. Poi è arrivato il rap e buonanotte a tutti. Ora, venti milioni di copie vendute dopo, tutti tra i quaranta i cinquanta, i Soundgarden si sono ritrovati, hanno girato i Festival per ritornare in forma sul palco e fare quello che tutti immaginavano già da un bel pezzo: un disco nuovo, il loro sesto. Bello. Non bellissimo. Però imperdibile e sapete perché? Se lo comprerà soprattutto chi negli anni '90 andava alle elementari e oggi, proprio così, ha voglia di rock muscoloso, suonato e cantato come si deve senza guardare al calendario: in fondo King animal uscirà a metà novembre ma avrebbe potuto uscire vent'anni fa o quaranta e poco cambiava.
Dopotutto, cari Soundgarden, subito tutti si chiederanno se siete ancora grunge oppure no.
«Ma noi siamo sempre stati corridori solitari. Mai fatto gare con nessuno. E mai fatto parte di una scena specifica».
Ennò, a fine anni Ottanta sembrava che da Seattle fosse partita la crociata per salvare il rock.
«L'aspetto più eclatante è stato che tante band della stessa città siano state così importanti nello stesso momento. Prima tutti si vestivano come i Poison. Poi hanno iniziato a tagliarsi i capelli con il rasoio tascabile come noi».
Poi però i Soundagarden (numero 1 negli States nel 1994 con il Superunknown di Black hole sun) hanno detto basta.
«E ciascuno ha fatto le proprie esperienze soliste».
Chris Cornell ha preso il posto di Zack de la Rocha nei Rage Against the Machine e sono nati gli Audioslave.
«E ognuno di noi ha imparato moltissimo dal proprio cammino solitario».
Siete solitari per ragione soociale.
«Quando ci siamo ritrovati, abbiamo iniziato a suonare insieme senza uno schema».
Poi avete suonato in giro per il mondo.
«King animal ha il suono che volevamo. È una specie di Frankenstein, un mostro nato dall'unione di tanti pezzi diversi».
Ma il vostro linguaggio oggi potrebbe essere inteso in modo diverso da vent'anni fa.
«Senza fare paragoni, anche le parole di Bob Dylan hanno rilevanze diverse a seconda delle generazioni. Ciascuna ha il proprio Bob Dylan, insomma».
A proposito, in King animal c'è un brano (Non state actor) che parla (male) dei politici e potrebbe essere la colonna sonora delle nuove presidenziali americane.
«Non c'è un riferimento preciso ma solo una constatazione generale. Possibile che mentre ci sono problemi gravissimi da affrontare (il bassista Ben solleva una bottiglia di acqua - ndr), la politica perdersi dietro problemi delicati ma non essenziali come il matrimonio tra gay?».
Molto dipende anche dal rilievo che la stampa garantisce a queste polemiche.
«Negli States la stampa è il vero presidente».
La stampa conta tanto anche per i musicisti rock, inutile negarlo.
«Però è anche vero che i giornalisti possono ritenere un momento importante per un musicista. Ma lui può pensarla diversamente. Occhio».
Per voi il momento importante qual è stato?
«Questo disco è senz'altro uno dei picchi della nostra carriera».
Ma dicono tutti così quando presentano un disco nuovo.


«Noi vogliamo comunicare qualcosa e il pubblico ha ancora bisogno di comunicare. Lo dimostra il successo di Adele, per esempio. E anche il fatto che, quando suoniamo dal vivo, davanti a noi ci sono quarantenni ma anche ragazzini. Qualcosa vorrà pur dire. O no?».

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