Gli occhiali azzurri della "Napolitudine" per vedere (e immaginare) una vita migliore

Esercizi di felicità: dal gelato alla mamma, dallo smartphone alla scuola

Gli occhiali azzurri della "Napolitudine" per vedere (e immaginare) una vita migliore

Ha passato la boa dei novanta, Luciano De Crescenzo, ma la sua filosofia non ha perso freschezza. Bene lo sa un attore showman come Alessandro Siani che, sebbene sia nato mezzo secolo dopo, con lui condivide un sentimento che strappa l'anima, un'appartenenza che si affratella alla saudade e al mal d'Africa e che pervade i sensi come il cuore senza scampo: la Napolitudine. Insieme, i due napoletani doc hanno scritto un libro, dal titolo appunto Napolitudine. Dialoghi sulla vita, la felicità e la smania 'e turnà (Mondadori, pagg. 120, euro 17), per tentare l'impossibile: spiegare questa «nostalgia inspiegabile» che «si arrampica sulle papille gustative, stuzzicate dal profumo delle sfogliatelle appena sfornate».

Il volumetto, già in vetta alle classifiche, si spartisce i temi in quei dialoghi filosofici tanto cari al creatore di Bellavista che costituiscono altrettanti capitoletti: «Caos e Caso», «Natale», «Scuola», «Supereroi», «Felicità», «Canzoni» ed altri, tutte occasioni per fare del sentire napoletano un faro nella tempesta dei tempi contemporanei. La parte di Siani è quella di concludere altrettanti «pezzi», quella di De Crescenzo «lezioni», ma alla fine ogni pretesto è buono per dare alla vita un senso leggero, immutabile, umano. Persino «Il gelato» si presta a fornire argomenti per comprendere l'anima. Tra un cono «accioccolata e panna» e un gusto Puffo, azzurro come il Napoli, i due si lanciano in disquisizioni sui ragazzini di oggi: in Italia possiamo educarli alla felicità, come fanno in Svezia? Troppo smog, troppe poche bici, troppi rimproveri, specie da parte di mammà: «Trovi sempre quella che ti colpisce con qualche arnese da cucina. Che poi anche questo è diventato un problema: prima c'era la famigerata cucchiarella, il forchettone, roba che comunque non ti causava ferite permanenti! Oggi gli attrezzi da cucina sono il bimby, il frullatore, il microonde... lo vuoi uccidere questo bambino?».

E così via, sull'onda del sorriso, a passare sotto la lente della «filosofia napoletana» (tale per cui, quando hai esaurito un tema, cambi bar) la tecnologia, la diminuzione delle nascite, la differenza - o le somiglianze? - tra la mitologia greca e gli eroi Marvel, lo studio, la schiavitù imposta da social network e smartphone, fino al tema più ingombrante di tutti: il futuro. L'ultimo capitolo del volume è infatti dedicato al «duemilamai», una visione che Siani vuole imporre al «collega di napolitudine» De Crescenzo con naturalezza, ma dalla quale è dura uscire impuniti: «Luciano, nel duemilamai i centri commerciali saranno grandi quanto una regione... Rimarremo tutti intrappolati nei centri commerciali. Nel carrello non metteremo l'euro, ma la benzina». E ancora, nel duemilamai «non si perderà tempo perché non ci sarà tempo. I nove mesi di gravidanza, per esempio, saranno utilissimi.

All'interno della pancia, con il bambino che cresce ci sarà un professore che tutti i giorni gli darà lezioni private»; la macchina volerà (e così niente più ambulanti ai semafori); ci cureremo con la Nutella; col termometro non misureremo la febbre, ma la percentuale di batteria del nostro corpo. «Alessandro, mi sembra un vero e proprio incubo. Mi viene da piangere solo a pensarci», replica De Crescenzo. E ha pronta la cura: «Al progresso e alla ricchezza io come Diogene preferisco i broccoletti».

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