Poco più di un migliaio di firme e qualche strenuo difensore: è tutto ciò che si fa in Ticino per salvare la casa di Hermann Hesse dalla distruzione. Ticino significa la parte di lingua italiana della evoluta e ricca Svizzera, di solito così attenta a curare se stessa e a proteggersi dai mali del mondo, fra cui la speculazione edilizia.
Con una battutaccia, cui non daremo seguito, si dice che la Svizzera ha contribuito alla cultura del mondo soltanto con l'orologio a cucù e Gugliemo Tell. Non è così. La Svizzera, per citare solo un esempio, ha ospitato per ben 42 anni Hermann Hesse, uno dei più amati e conosciuti autori del Novecento, tradotto in più di 60 lingue. Nel 1919 lo scrittore tedesco affittò un piccolo appartamento nella Casa Camuzzi, a Montagnola, sobborghi di Lugano. Lì cominciò a dipingere e lì scrisse L'ultima estate di Klingsor, Siddharta, Narciso e Boccadoro, Il lupo della steppa, molte poesie e racconti. Cittadino svizzero dal 1924, nel 1931 si trasferì, con la terza moglie Ninon, nell'attigua Casa Rossa, dove coltivava ortaggi e fiori, dove scrisse Ore nell'orto, e Il gioco delle perle di vetro, dove ricevette - fra gli altri - Thomas Mann e Bertolt Brecht. Lì ricevette la notizia di avere vinto il premio Nobel per la letteratura, nel 1946, e lì morì nel 1962.
Lì, nel 1997, venne inaugurato il Museo Hermann Hesse, che conserva quel che rimane della vita terrena dello scrittore. È commovente la sua macchina per scrivere, che guarda su un paesaggio bellissimo. Il museo ha 14.000 visitatori l'anno, di cui il 15 per cento italiani: forse non abbastanza per la sopravvivenza economica, ma moltissimi per un museo non abbastanza valorizzato. E che ora rischia di essere sommerso da un'operazione di pura speculazione immobiliare. La proprietà del parco - l'italiana famiglia Pavesi - prevede di costruire dieci casette monofamiliari e una di quattro appartamenti, con un cantiere che toccherebbe nella parte inferiore la villa dove Hesse visse dal 1931 al 1962, snaturandola e togliendole ogni fascino.
Chi si oppose al progetto, nel 2012, chiese al Cantone di acquisire la casa e il parco, per creare un "Parco letterario Hermann Hesse". La risposta fu che non c'era motivo di salvaguardarli perché rimaneggiati già negli anni Settanta, mentre "la tutela richiede che il bene da proteggere conservi ancora concreti aspetti e valori culturali tangibili ed evidenti". Curioso motivo, visto che il valore culturalE "tangibile e evidente" è che lì visse un grandissimo scrittore, e che casa e parco potrebbero essere riportati com'erano, con un'opera di recupero neanche difficile.
Continuano a opporsi ancora soltanto un politico, Fiorenzo Dadò, e un giornalista, Marco Bazzi. Il politico (di quale partito non interessa) ha lanciato la petizione che si può firmare all'indirizzo https://secure.avaaz.org/it/petition/al_Consiglio_di_Stato _del_cantone_Ticino_e_al_Governo_della_Confederazione_Salvate_la_Casa_e_il_parco_dove_visse_per_30_/?launch+; il giornalista scrive appelli su appelli. Nell'ultimo cita come modello il Vittoriale degli Italiani, che attira ogni anno oltre 200mila visitatori e "che è gestito da gente che ci sa fare". Ringrazio il collega Bazzi che non conosco ma soprattutto colpisce il caso singolare di uno svizzero che cita come esemplare una istituzione italiana. Nella nostra generale autolamentazione, questa carezza svizzera fa bene.
Salviamo dunque Casa Hesse, patrimonio dell'umanità.
E se non basta ricordare al governo cantonale che Hesse è un'icona mondiale, servirà ricordare che con la cultura si mangia, e che grazie al Vittoriale la provincia di Brescia è più ricca di quanto lo sarebbe stata con un paio di ettari di villette in più.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.