Il pilota dei droni killer abbattuto dai fischi

Il finale scontato nasconde i meriti di una sceneggiatura interessante e coraggiosa

Il pilota dei droni killer abbattuto dai fischi

da Venezia

«Bel colpo!». Solo che il botto non si sente. Perché da undicimila piedi di altezza la tecnologia ti consente di vedere l'obiettivo come se stesse a un metro, di sparare un missile, ma poi c'è il silenzio assoluto, tombale. Good Kill di Andrew Niccol, ultimo film in concorso di Venezia 71, è girato per la maggior parte all'interno di una base militare in Nevada dell'aviazione statunitense. Dove, dentro un container asettico e impersonale con un cartello all'ingresso che recita «state lasciando il territorio Usa», troviamo il maggiore Tommy Egan (interpretato da Ethan Hawke tornato a lavorare con il regista 17 anni dopo Gattaca ), che con il joystick come nei videogiochi fa volare i droni nei teatri di guerra dall'altra parte del mondo, in Afghanistan, Yemen e dovunque ci sia bisogno di combattere il terrorismo. Otto ore di lavoro a uccidere talebani e poi il ritorno a casa da moglie (la bionda January Jones in un ruolo da «casalinga disperata» simile a quello della serie Mad Men) e figli in un sobborgo che, visto dall'alto, non è poi così dissimile dagli obiettivi su cui spara in «ufficio».

Il film è tutto un gioco di rimandi tra le zone desertiche afgane e quelle del Nevada dove i piloti vivono proprio come gli obiettivi che devono colpire. In verità per loro c'è Las Vegas a un tiro di schioppo che però non basta ad allontanare i problemi, lavorativi e familiari, del protagonista che non accetta di non pilotare più aerei reali. Perché la forza del film sta proprio nel centrare lo sguardo solo su questo militare e sul suo modo di vedere il mondo. Sempre alla ricerca di fare «una cosa buona» nelle sue giornate, a un certo punto colpirà un talebano che vedeva quotidianamente violentare una donna. Da questa azione, molto americana da «giustiziere della notte», prenderà la forza per rimettere a posto le cose a casa tornando dalla moglie che l'aveva lasciato. Una scelta che non è piaciuta al pubblico della proiezione stampa che ha ricoperto il film di fischi.

Peccato perché Good Kill affronta in maniera intelligente la questione dell'utilizzo dei droni non risparmiando critiche al presidente Obama oggetto di una battuta al vetriolo: «Ora danno i Nobel per la pace a chi fa questo?».

Ossia un «crimine di guerra» perché scopriamo che i droni vengono utilizzati una seconda volta sugli stessi obiettivi quando arrivano i soccorritori o quando la comunità celebra il funerale (e neanche la tv, in serie come Homeland o nell'ultimo 24 , ha osato mostrare tanto). Non a caso il Dipartimento della difesa americano, letta la sceneggiatura, non ha dato appoggio al film.

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