Poi uno pensa che la musica non stia bene. Tutt’altro. Ci sono nuovi artisti, nuovi suoni, persino nuove attitudini che ancora fluttuano nell’underground ma sono lì lì per esplodere. Poco mainstream, per intenderci, e molta sperimentazione che a fatica arriverà alla top ten. Però di loro si parlerà più di quanto il brusio del web abbia già confermato.
D’accordo, facciamo i nomi: Grimes, per esempio. In realtà si chiama Claire Boucher, l’altro giorno ha compiuto ventiquattro anni ed è una pazzoide canadese che, a chi fa comodo, può essere collocata nell’ala elettronica dell’indie pop. Insomma, tutto e niente. D’altronde è un tipo che a ventun anni ha costruito un battello per risalire il Mississippi da Minneapolis a New Orleans. Piccolo particolare: a bordo c’erano anche un bel po’ di galline, molti sacchi di patate e una copia delle Avventure di Huckleberry Finn. Naturalmente l’imbarcazione si è scassata dopo poche miglia e la polizia del Minnesota ha sequestrato tutto il pollame. Ma poco importa. Grimes ha continuato la sua rotta e adesso pubblica anche qui da noi il suo disco Visions, benedetto da iTunes, che ha eletto Genesis come singolo della settimana, e da Pichfork che ha inserito il disco nella categoria Best new music. E il perché è presto detto: lei usa la voce come se stesse giocando, ride dei vocalizzi femminili tipici negli anni Ottanta ma è molto più patinata di quanto si possa immaginare. Punto di riferimento: Lady Gaga. E anche a Skrillex i piani alti delle classifiche pop piacciono assai. Oddio, lui è un deejay cantante e produttore che pesta duro in zona electro house, diciamo dubstep forsennato con sbandate nel drum&bass e in quell’area chiamata Fidget house che include rave, breakbeat e garage secondo i codici inglesi. Roba ossessiva, frenetica, guai ad ascoltarla alla luce del sole.
In fondo, basta guardarlo, questo californiano imprevedibile: Skrillex in realtà si chiama Sonny John Moore, ha ventiquattr’anni e fisico da nerd, con una capigliatura sghemba al punto che metà della testa è rasata e l’altra lascia piovere un ciuffo di capelli neri lungo fino al torace. A Los Angeles gira con Tommy Lee, che è il batterista scatenato dei Motley Crue (a proposito andranno in tour con i Kiss per gli Usa), e l’anno scorso ha inciso con i Korn il mostruoso Get up! e il meno brillante Narcisistic cannibal. In più, giusto il mese scorso, si è messo sottobraccio tre Grammy Awards. Uno per il miglior remix, Cinema. E gli altri due per il suo ep Scary Monsters and nice sprites, che è realmente bello e non è solo causalmente un chiaro omaggio allo Scary monsters (and super creeps) di David Bowie. Skrillex è post punk come Bowie nell’80, solo che adesso il linguaggio è diverso, c’è il metadone dell’elettronica e si può giocare con i bpm come sull’acceleratore di una Ferrari: si schiaccia e si alza il piede, più veloce o meno veloce, in ogni caso imprevedibile. E comunque il video di First of the year, nel quale un pedofilo viene massacrato dal mostro buono che difende i bambini, ha raggiunto sei milioni di contatti, vero record. Punto di riferimento: Prodigy, Nine Inch Nails di Trent Reznor e quel mondo lì (provare per credere: Skrillex il 21 aprile sarà a Live Club di Trezzo sull’Adda e il giorno dopo all’Estragon di Bologna).
Giusto un paio di giorni prima, il 20 ai Magazzini Generali di Milano, arriva Michael Kiwanuka, voce caldissima, inglese per caso visto che i suoi sono scappati dall’Uganda per salvarsi dalla ferocia di Amin Dada. A parte che pure lui ha 24 anni, è tutt’altro rispetto a Skrillex. Soul. Tracce di Motown. Influenze di Van Morrison e Bob Dylan. Ad Adele è piaciuto così tanto che lo ha convocato come supporter dei propri concerti.
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