Cultura e Spettacoli

Porte sbattute, lacrime e grida. "Gli anni più belli" di Muccino

Il nuovo film del regista romano racconta la generazione che ha visto la caduta del Muro e Mani Pulite, fino a oggi

Porte sbattute, lacrime e grida. "Gli anni più belli" di Muccino

Inizia con un falso storico ma è per farsi capire. Siamo agli inizi degli anni Ottanta e a Roma un gruppo di ragazzi finisce per caso in una manifestazione dove ancora si spara. Riccardo viene colpito da un proiettile e soccorso da altri due coetanei, Paolo e Giulio. Non morirà e per questo verrà soprannominato «Sopravvissu'» e tra i tre nascerà una grande amicizia.

La trovata iniziale del nuovo film di Gabriele Muccino, Gli anni più belli, dal 13 febbraio in più di 500 schermi, serve a contestualizzare la generazione (che poi è la sua) raccontata fino a oggi, un po' come Ettore Scola aveva fatto in C'eravamo tanto amati. Se lì s'iniziava con i tre amici partigiani, qui si fa riferimento alla fine degli Anni di Piombo, la guerra civile non dichiarata di un'altra generazione. Mentre i tre amici, nati alla fine degli anni '60, sono, per il regista, «una generazione percepita come nata troppo tardi, cresciuta col complesso di non essere abbastanza reattiva, abbastanza colta, abbastanza rivoluzionaria. Una generazione, sostanzialmente passiva, che si è arresa sentendosi inferiore ai fratelli maggiori e ai padri».

A interpretare Riccardo, che di mestiere fa il critico cinematografico spiantato (e per questo in anni più recenti si butterà in politica con un movimento simil 5Stelle), c'è Claudio Santamaria che proprio nella realtà si è schierato con i 5Stelle salvo pentirsene (nel personaggio da giovane troviamo invece Matteo de Buono); Paolo che aspira a diventare professore di ruolo al liceo di italiano, latino e greco ha il volto pieno di grazia di Kim Rossi Stuart (Andrea Pittorino da adolescente) mentre Giulio, figlio di un meccanico, che fa la scalata sociale diventando un avvocato di grido a difesa dei potenti, è perfettamente tratteggiato da Pierfrancesco Favino (Francesco Centorame da giovane). In mezzo a loro c'è Gemma, la donna che Paolo e Giulio, a fasi alterne, ameranno. Orfana a 16 anni (brava l'attrice Alma Noce quasi sosia da giovane di Micaela Ramazzotti) è un personaggio grazie al quale, dice Muccino, «ho voluto raccontare le fragilità di una donna sull'orlo di un abisso che, nell'arco della storia, si evolverà, si centrerà, troverà la sua identità». L'altra protagonista femminile è interpretata, a sorpresa, dalla cantante Emma Marrone che nel film sposerà Riccardo conosciuto come comparsa su un set a Cinecittà. Ma è uno dei matrimoni che nel film faranno una brutta fine, tra inseguimenti, porte sbattute, sussurri e grida tipici del modo adrenalinico di fare cinema di Muccino. E la musica non cambia anche quando si finisce per essere separati in casa, come succede alla ricca Margherita (Nicoletta Romanoff, bentornata in un film di Muccino!), figlia di un ex ministro della Sanità, innamoratasi di Giulio, difensore del padre durante Mani Pulite.

E proprio la Grande Storia viene evocata in questo ambizioso e riuscito film targato Lotus e Rai Cinema (e difatti tutto il cast sarà sul palco di Sanremo il 4 febbraio) che Gabriele Muccino ha scritto insieme a Paolo Costella e che si avvale della colonna sonora di Nicola Piovani insieme a una bella scelta di canzoni dell'epoca (dagli U2 a Reality a Baglioni presente anche con la nuova e omonima canzone del titolo): «Il Muro di Berlino - spiega il regista - aprì l'orizzonte, Mani Pulite diede l'idea del cambiamento, poi l'11 settembre segnò una chiusura del nostro orizzonte. Nel 2009 si pensò che la classe politica avesse sbagliato tutto e che si potesse ricominciare da capo e rilanciarsi. Il tempo è il motore di questo film». Mentre, rispetto ai debiti cinematografici, spiega: «C'eravamo tanto amati mi ha certamente ispirato, ma mancano tanti elementi perché la nostra generazione è cresciuta all'ombra della politica. Il film di Scola è stato un punto di partenza ma questo film è figlio anche di Zavattini, Risi, Fellini (c'è un omaggio a La dolce vita con una sequenza girata a Fontana di Trevi a sua volta presente anche in C'eravamo tanto amati, ndr). È un film sull'amicizia, vero collante di queste quattro esistenze». Un po' come spiega la citazione finale de Gli anni più belli da Madre Teresa di Calcutta: «Le cicatrici sono il segno che è stata dura.

Il sorriso è il segno che ce l'hai fatta».

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