
È una Giorgia Meloni a tutto campo quella che interviene in video-collegamento al Forum in Masseria di Bruno Vespa. Sul fronte della politica internazionale, la presidente del Consiglio rivela di aver avuto, proprio oggi, un colloquio telefonico con Donald Trump. Al centro della conversazione con il presidente Usa, due dossier cruciali: Ucraina e dazi.
Se sulla guerra in Ucraina Meloni si dice fiduciosa in «sviluppi positivi», sul tema dei dazi sottolinea l’importanza strategica della recente decisione dell’Ue d’investire nella Difesa. «Sono due facce della stessa medaglia», afferma la premier, convinta che proprio il rafforzamento della capacità militare possa diventare un volano per un’Europa più autorevole anche sul piano economico e commerciale. Rispetto ai dazi, la trattativa è in corso. Ma l’Italia precisa - ha fatto «la sua parte» nel dialogo. Su Kiev, ancora, nessuno può permettersi di attendere «la buona volontà di Vladimir Putin». La presidente rimarca come gli Usa non abbiano interrotto la fornitura d’armi all’Ucraina: «Hanno rivisto la decisioni sul fornire specifiche componenti. Ben diverso dal totale disimpegno americano, che pure è stato raccontato».
Poi un passaggio, duro, sulle politiche messe in campo dall’Ue. Viene ribadito il «no» alle follie ecologiste del Green deal. La leader di Fdi confida nel «buon senso », persino in quello, magari futuro, dei Socialisti, per superare «regole assurde».
«L’Ue - argomenta - auspica da una parte il commercio mondiale con il libero scambio ma dall'altra stabilisce regole rigide per prodotti e aziende». I «rischi» sono quelli di «farsi molto male». E a questa «follia» va contrapposto «il buonsenso ». Poi tanta, tantissima politica interna. In primis le riforme. Sulla legge elettorale, la leader Fdi sottolinea come la competenza sia del Parlamento. Poi, se dipendesse da lei, tornerebbero «le preferenze». «Personalmente - aggiunge - credo che sarebbe positivo avere una legge elettorale che vada bene anche quando venisse approvato il premierato». Il referendum su questa riforma si farà. Ma è possibile che abbia luogo «nella prossima legislatura». Un argomento in meno - sottolinea per chi pensa che «la madre di tutte le riforme» sia finalizzata a tutelare gli interessi esclusivi del centrodestra. Non sono previste marce indietro sul «piano Albania », che è «un’idea di successo». La riforma della cittadinanza, invece, non è un argomento d’attualità. Lo Ius Italiae promosso da Forza Italia viene escluso di netto. Giorgia Meloni parla di «sensibilità diverse», com’è normale all’interno di una coalizione, ma invita le forze politiche a «concentrarsi sul programma di governo». E il tema della riforma della cittadinanza non c’è. Persiste, invece, un’idea precisa di gestione dei fenomeni migratori. Con il «decreto flussi» - rivendica la presidente del Consiglio - è stato «spezzato» il «meccanismo» che «viene usato» dalla «criminalità ». La Meloni contesta la visione del mondo della sinistra sull’accoglienza. «Il Pd e il Movimento 5 Stelle - incalza - preferiscono le porte spalancate per i migranti illegali che arrivano con gli scafisti». I frutti
dell’azione dell’esecutivo sono corroborati dai numeri. «Il mercato del lavoro continua a registrare numeri record, i dati Istat relativi al mese di maggio lo confermano, con un aumento di 80mila lavoratori rispetto al mese precedente, di quasi 410mila in più in un anno», annota. E ancora «lo spread» che è «intorno a 90 punti base». Un tema che sembra sparito dall’agenda dei grandi media. Uno degli ultimi affondi riguarda i soldi destinati alla cinematografia.
Il «tax credit» è stato un «meccanismo distorto che consentiva di finanziare con centinaia di migliaia di euro se non milioni» anche alcuni «film» che poi «alla prova dei fatti» nelle sale «guadagnavano poche decine di migliaia di euro ». Il caso Kaufmann, per la premier,è stato solo «l’epilogo».