
Traditionis custodes è uno dei provvedimenti più controversi del pontificato di Francesco. Entrato in vigore nel 2021, il motu proprio ha abrogato un precedente documento molto caro a Benedetto XVI, il Summorum Pontificum, che aveva liberalizzato la celebrazione della messa tridentina anche nelle parrocchie e per i sacramenti. Bergoglio aveva utilizzato il pugno di ferro coi fedeli amanti della liturgia antica, bloccando la nascita di nuovi gruppi, dicendo stop all'erezione di nuove parrocchie personali, cacciando queste comunità dalle chiese parrocchiali. La necessità di quell'intervento era stata addebbitata dall'allora Papa regnante all'esito di una consultazione sull'applicazione di Summorum Pontificum inviata ai vescovi diocesani di tutto il mondo e sulla base della quale anche l'allora congregazione per la dottrina della fede aveva prodotto un parere. "Le risposte pervenute hanno rivelato una situazione che mi addolora e mi preoccupa, confermandomi nella necessità di intervenire", aveva scritto Francesco. Ora, però, il retroscena pubblicato da una giornalista e un libro in uscita mettono in forte discussione quella ricostruzione.
Lo scoop sulla consultazione
Martedì scorso la vaticanista statunitense Diane Montagna ha pubblicato sulla sua newsletter Substack un clamoroso scoop: la documentazione relativa alla consultazione tra i vescovi fatta dalla congregazione per la dottrina della fede su indicazione di Francesco un anno prima dell'uscita di Traditionis custodes. Contrariamente alla situazione presentata nel motu proprio e nella lettera d'accompagnamento, dalle carte pubblicate da Montagna emerge che la maggior parte dei vescovi consultati avevano dato un'opinione favorevole sull'applicazione del Summorum Pontificum. Ma persino quelli che ne davano un giudizio negativo si erano dimostrati per lo più concordi nello sconsigliare un intervento restrittivo che avrebbe "fatto più male che bene". Alla luce di questo risultato, la quarta sezione della congregazione per la dottrina della fede aveva preparato un parere contrario ad eventuali restrizioni e, utilizzando la citazione di un vescovo asiatico consultato, aveva concluso scrivendo: "lasciate che il popolo sia libero di scegliere". Nonostante ciò, però, Francesco ha optato per la linea dura ed ha scritto di averlo fatto "considerati gli auspici formulati dall’episcopato e ascoltato il parere della congregazione per la dottrina della fede".
La reazione della Sala Stampa
Dopo la pubblicazione dello scoop di Montagna, la Sala Stampa della Santa Sede non ha replicato. La prima reazione è arrivata, obtorto collo, nel corso della conferenza stampa di presentazione del nuovo formulario della Missa “pro custodia creationis”, rispondendo ad una domanda della vaticanista di Cna Hannah Brokhaus rivolta al segretario del dicastero per il culto divino monsignor Vittorio Francesco Viola, indicato da più fonti come uno dei più entusiasti per Traditionis custodes e ispiratore dei successivi provvedimenti restrittivi in materia. Prendendo la parola al posto dell'arcivescovo, il direttore della Sala Stampa Matteo Bruni ha sostenuto che alla consultazione coi vescovi e al parere della congregazione si sarebbe "unita successivamente altra documentazione, altri rapporti riservati, anche frutto di ulteriori consultazioni che sono pervenute al dicastero per la dottrina per la fede". Con un certo imbarazzo, Bruni ha provato a ridimensionare il contenuto esplosivo dello scoop di Montagna dicendo di non confermare "l’autenticità dei testi che sono stati pubblicati" che riguarderebbero "presumibilmente parte di uno dei documenti su questo si è fondata la decisione, e come tale alimenta una ricostruzione anche molto parziale e incompleta del processo decisionale". Il direttore, nominato da Francesco, non ha però aggiunto altro e nulla si sa delle presunte "ulteriori consultazuioni" da lui menzionate nella risposta.
Il libro e Leone XIV
A togliere ogni dubbio sull'autenticità dei documenti pubblicati da Montagna, però, è spuntato un libro che contiene la documentazione ancora più completa del rapporto preparato dalla congregazione per la dottrina della fede e la raccolta delle citazioni sull'applicazione del Summorum Pontificum ricevute dai vescovi diocesani. "La liturgia non è uno spettacolo", edito da Fede & cultura e scritto dal giornalista Saverio Gaeta con l'ex collaboratore di Benedetto XVI, don Nicola Bux, uscirà ad ottobre ma già ha iniziato a far discutere. Dentro al volume c'è l'ulteriore conferma che sia i vescovi diocesani che la congregazione per la dottrina della fede avevano sconsigliato al Papa di toccare la liberalizzazione della cosiddetta messa in latino concessa nel 2007 da Benedetto XVI.
La guerra liturgica iniziata nel 2021 e che ha provocato proteste in tutto il mondo anche da pezzi importanti del laicato non è affatto nelle priorità di Leone XIV che, anzi, vuole una Chiesa unità e in cui domini la comunione. In questa direzione va la recente decisione di concedere il permesso di celebrare in rito antico per altri due anni nella chiesa parrocchiale all'interno della diocesi texana di San Angelo.