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Premio rubato a "Dibba"

Ci deve essere un errore. Ma forse è meglio parlare subito di complotto delle multinazionali e dei neoliberisti, in combutta tra loro per colpire uno spirito indomabile.

Premio rubato a "Dibba"

Ci deve essere un errore. Ma forse è meglio parlare subito di complotto delle multinazionali e dei neoliberisti, in combutta tra loro per colpire uno spirito indomabile. L'Accademia di Svezia ha assegnato il Premio Nobel a Louise Glück. Scelta assurda. Perché una poetessa, per giunta americana e brava? I giurati, incredibilmente, hanno ignorato il vero talento della letteratura mondiale, lo scrittore di viaggio e avventuroso reporter Alessandro Di Battista. Il leader (?) grillino, l'anima autentica del movimento nato intorno al raffinato programma sintetizzabile nella parola «vaffanculo», aveva diritto al riconoscimento. I suoi memorabili reportage, pubblicati da Gallim..., no da Flammar..., no da Pengui..., no dalla sperimentale e autorevole rivista letteraria Il Fatto quotidiano, meritavano il Nobel. D'altronde «Dibba» (è il nome d'arte), nonostante l'innata modestia, è stato chiaro nelle sue lezioni di giornalismo organizzate dalla testata online Tpi. Nel primo di cinque incontri, appena andato in streaming, Dibba dice di non potersi paragonare a Hemingway per paragonarsi a Hemingway, mossa tipica del retore consumato che nega per affermare. «Non voglio dare consigli stilistici, non sono Hemingway»: ma dai, davvero? Poi ammette di ispirarsi a Pasolini, di frequentare le «zone più malfamate» e di «entrare in sintonia con la gente» (a «sintonia con la gente» Pasolini lo avrebbe mandato in quel luogo evocato spesso da Grillo, poi gli avrebbe staccato le orecchie e le avrebbe lanciate ai cani affamati delle borgate). Ora resta da spiegare l'imperdonabile gaffe degli svedesi, che hanno premiato chiunque, perfino Dario Fo, ma non «Dibba», che va ad aggiungersi ad altri giganti incompresi, rimasti con un palmo di naso, tipo Marcel Proust, James Joyce, Franza Kafka, Dario Franceschini, Walter Veltroni e appunto Pier Paolo Pasolini. «Dibba» ha detto di aver sempre trovato ostacoli a causa della sua appartenenza politica. Specie la sua carriera di regista è stata azzoppata: «Se non fossi grillino i miei video sarebbero valorizzati meglio». Senz'altro. Gli editori facevano a pugni per le sue opere memorabili come... non mi ricordo, ma «Dibba» è stato danneggiato anche lì, al punto che oggi, parole sue, riceve anticipi «da 20mila euro lordi», cifra che ormai si sognano anche gli scrittori d'alta classifica, zona nella quale «Dibba» non si è mai affacciato, neppure per errore.

Non ti preoccupare Di Battista, forse non lascerai un segno nella storia della politica e della letteratura, ma una scia chimica certamente sì.

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