La Ball-storia comincia qui, a Roma, dove Giacomo Balla, prima torinese, poi in qualche modo divisionista, poi romano per tutto il resto della vita, principe dei futuristi, fascistissimo per tutto il Ventennio, e poi addirittura, con l'età, figurativista, arrivò nel 1895, figlio di un chimico industriale e padre di un movimento che per lui coincise con l'arte, mentre l'arte già coincideva con la vita. Firmato: FuturBalla.
Dalla damnatio memoriae del dopoguerra alla tarda riscoperta. E ora la consacrazione. A 150 anni dalla nascita, Giacomo Balla (1871-1958), artista poliedrico, parolibero, imparagonabile, è ripulito, restaurato e restituito al grande pubblico. Giacomo Balla torna a casa.
S'intitola «Casa Balla. Dalla casa all'Universo e ritorno», ed è il grande progetto del museo Maxxi di Roma (a cura di Bartolomeo Pietromarchi e Domitilla Dardi, e presentato ieri ufficialmente dal presidente Giovanna Melandri, con giacca futurista coloratissima) grazie al quale apre per la prima volta ai visitatori l'incredibile casa futurista, in via Oslavia, al 39/b, nel cuore del quartiere Della Vittoria - a duecento passi da piazza Mazzini e a sei euro di taxi dal museo - in cui Balla, dopo aver abitato alcuni anni in un ex convento affacciato sul parco di Villa Borghese, visse e lavorò dal 1929 alla morte, con la moglie Elisa e le figlie: Luce e Elica. Che il padre educò fin da piccole a pasticciare con i colori e poi divennero, anche loro, artiste. Qui Balla dipinse quadri, pannelli e pareti, costruì mobili e lampade, disegnò piastrelle e suppellettili, inventò lampadari, creò abiti e tappeti. Dopo, consegnò il futuro del suo lavoro alle figlie, che lo completarono. E così un piccolo, borghese appartamento romano, un trilocale a forma di «U» al quarto piano di una anonima palazzina di metà '800, divenne un'opera d'arte, totale. Futurismo di famiglia.
Prima restaurato, poi soggetto ad altri lavori di messa in sicurezza, a lungo chiuso dopo la morte delle signorine Balla, le quali lo hanno abitato e custodito fino agli anni Novanta (Elica è morta nel '93, Luce nel '94), ora, dopo un ulteriore e definitivo intervento curato dal Maxxi e dalla Soprintendenza speciale di Roma per renderla visitabile al pubblico, la meravigliosa casa futurista torna a rivivere e (su prenotazione obbligatoria, www.maxxi.art, ogni weekend da venerdì prossimo) riapre il portoncino su cui il pittore, scenografo, scrittore, arredatore, fece mettere una piccola placca dorata. Suonare: «FuturBalla».
Benvenuti nella casa-museo dei Balla, 150 metri quadri di forme geometriche, colori scintillanti, mobili paroliberi, luce, smalti, movimento, velocità, ironia, dinamicità, audacia, sorprese, asimmetricità, architetture diaboliche e lacche multicolori Una straordinaria scatola magica, Wunderkammer avanguardista più servizi.
Se c'è una cosa da fare, per chi ama l'arte, in questi giorni in cui ci lasciamo il lockdown alle spalle, è chiudersi qui dentro per un'ora, anche scarsa. Basta e avanza per un'esperienza - direbbero i futuristi - vitalistica.
Qui tutto è vita. Di fronte all'ingresso, il grande soggiorno, affollato di manifesti, cavalletti, quadri, i due divani geometrici, il tavolino da fumo, strutture metalliche decorative, l'enorme pannello dell'opera Le mani del popolo italiano, e dove all'epoca (lo testimoniano vecchie fotografie) si potevano vedere quadri come Pessimismo ottimismo, La Bionbruna, Merli futuristi, Linee forza di mare E volendo ci si può accomodare a vedere il documentario Balla et le Futurisme di Jack Clemente, Leone d'oro nel 1972 a Venezia Poi, a sinistra, il corridoio porta allo Studiolo rosso, la cui celebre porta basculante completamente dipinta e decorata oggi fa parte della collezione della famiglia Biagiotti ed è esposta - insieme con diversi altri pezzi dell'arredamento originario - nella collaterale mostra al Maxxi (dove otto artisti, architetti e designer contemporanei, fra cui Carlo Benvenuto, Alex Cecchetti, Emiliano Maggi e Jim Lambie, riprendono la lezione del maestro con opere e installazioni ispirate al suo universo); quindi una grande stanza da lavoro, in cui sono state collocate delle grandi cassettiere che custodiscono un gruppo di oltre 60 fra studi preparatori, disegni e bozzetti restaurati e mai visti prima; e le due stanze di Elica e di Luce (che alle geometrie futuriste, per le loro finestre, letti e pareti, preferirono il floreale). E a destra del corridoio, il piccolo bagno giallo, bianco e verde acqua, con le piastrelle disegnate da Balla, e la cucina, inondata di luce e di giallo, il colore dominante delle sedie, il tavolo, le ceramiche e i piatti. Con il cielo di Roma dietro la porta finestra, è quasi un museo a cielo aperto.
Credenze, cornici, cassapanche, sgabelli, paralumi, libreria, paraventi, portaombrelli, mille utensili, persino i fiori ritagliati nel legno da mettere sui tavoli, addirittura giacche, scarpe e cappelli Tutto fu dipinto, decorato, costruito (i mobili sono a incastro, senza chiodi e senza colla), cucito (la madre di Balla, Lucia Giannotti, era una sarta) e voluto da Giacomo Balla: fu la sua personalissima Ricostruzione futurista dell'Universo, come da manifesto programmatico firmato da Balla e da Depero, anno interventista 1915. Ora la maggior parte degli arredi sono in collezioni private, ma sopravvivono i grandi armadi (perché sono avvitati ai muri), tutte le decorazioni, i lampadari con l'uso dei primi plexiglass, qualche quadro, i manifesti delle sue mostre... Dinamismo atmosferico, tele tessute ad arazzo, scimmie e pappagalli, linee andamentali e vibrazioni rumoristiche
Casa Balla è l'arte che sconfina nella vita quotidiana, e la vita quotidiana che confina con l'arte. È la casa di un artista e l'artista che si fa casa: è il capolavoro di Giacomo Balla, il suo studio, il suo autoritratto in tre stanze, cucina e terrazzo, è un bozzolo coloratissimo che protegge la famiglia, è il giocattolo pirotecnico di un rivoluzionario, una macchina ludica, una casa-universo, un'officina, il laboratorio che tutti gli artisti sognano, una bottega futur-rinascimentale Un'opera d'arte totale. Si chiama(va) «Arte-azione futurista».
Per il resto, come ci consiglia una delle ultime eredi, Claudia Balla, figlia del nipote Alessandro -
e che si ricorda che usava il portauovo costruito dal pro-prozio, e le bottiglie dipinte dalle zie Luce e Elica - «Godetevi la casa come io l'ho goduta nella mia giovinezza. Non state a guardare troppo in giro, vivetela».
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