Rita Ackermann «Monumenti» fatti di gesso e cancellature

Francesca Amé

La mostra Rita Ackermann: Movimenti come Monumenti alla Triennale di Milano (fino al 9 settembre) presenta quel genere di opere che rimangono impresse. Merito del formato dei lavori, certo: tele monumentali, dipinti lunghi da due a tre metri che divorano un'intera parete. «Come li avrà realizzati?» ti sorprendi a pensare osservando l'artista, Rita Ackermann, nata a Budapest ma di stanza a Brooklyn, con quel fisico esile e l'aria da ragazzina nonostante i cinquant'anni, una serie corposa di esposizioni e un ruolo di spicco nella prestigiosa scuderia della galleria Hauser&Wirth. «Posso impiegarci mesi. La dimensione, il tempo e la fatica non contano, l'idea sì», risponde.

Ed eccoci dentro un mondo che in bilico tra figurazione e astrazione. Le tele monocolore nere e blu nella prima sala, poi di un verde smeraldo che quasi abbaglia - ci guardano: Gianni Jetzer, critico newyorkese che ha curato la mostra, ha selezionato i pezzi più significativi delle serie Aesthetic of Disappearance e Meditation on Violence, entrambe del 2014. Del formato abbiamo detto, ma il meglio appartiene alla tecnica: sono chalck paitings ovvero - spiega l'artista - tele dipinte ad acrilico con disegni a gesso. Sì, il gessetto bianco che usavamo a scuola: «Il nero e il verde sono i colori delle lavagne che troviamo ancora in classe: ci sono immagini figurative che affiorano, altre appaiono cancellate del tutto, vi sono graffiti o scritte che si scorgono solo andando vicino alla tela, altri dettagli che invece si colgono guardandola da lontano», commenta Ackermann. La mostra appare un diario intimo dai contorni sfuocati: l'artista concepisce, crea, disegna e poi con la mano o con una spugna, cancella ciò che ha fatto. Che cosa rimane? Un'immagine evanescente come lo sono i nostri ricordi, movimenti di ciò che vorrebbe essere monumentum imperituro e che invece si rivela fluttuante: le forme affiorano e si mescolano: un volto di donna, le zampe di un animale, un paesaggio...

Nella sua pittura fatta di pieni e di vuoti, di tracce e di cancellature, di gessi bianchi e di fissanti trasparenti (ma fondamentali alla resa finale), Rita Ackermann riesce nella complessa sintesi di astrazione e figurazione. Moti intimi proiettati su scala monumentale che regalano al visitatore quella sensazione di raccoglimento che si avverte in certe antiche cappelle.

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