"Il segreto dei miei noir? Scrivo sempre e ovunque, anche al semaforo rosso"

Originario di Louviers, nell'Alta Normandia, lo scrittore Michel Bussi è ormai da una quindicina d'anni uno dei più originali interpreti del noir francese, un autore capace di imbastire sia gialli che mistery che storie distopiche

"Il segreto dei miei noir? Scrivo sempre e ovunque, anche al semaforo rosso"

Originario di Louviers, nell'Alta Normandia, lo scrittore Michel Bussi è ormai da una quindicina d'anni uno dei più originali interpreti del noir francese, un autore capace di imbastire sia gialli che mistery che storie distopiche. Se la sua passione per la pittura e Monet traspariva nelle pagine di Ninfee nere (che ha avuto anche un'eccellente trasposizione in una graphic novel illustrata da Didier Cassegrain) quella per le ambientazioni singolari ha costituito una delle sue cifre stilistiche importanti (dalla Rouen di Usciti di Senna alla Corsica di Tempo assassino passando per l'isola di Réunion di Non lasciare la mia mano) espressa in tutti i romanzi che fino ad oggi sono stati tradotti in Italia dalle edizioni e/o. Il passaggio da Roma di Michel Bussi per la manifestazione Libri Come e la presentazione del suo nuovo romanzo Nulla ti cancella (pagg. 464, euro 16,50) è stata l'occasione per farsi svelare alcuni suoi segreti di scrittura.

Quando ha iniziato a piacerle il noir?

«Credo che le mie prime letture siano sempre state delle indagini, anche se per bambini piccoli, romanzi come quelli di Enid Blyton o Caroline Quine, poi è arrivata Agatha Christie. Penso di essere stato segnato dalla letteratura poliziesca».

Il suo primo libro si chiama Code Lupin e curiosamente non è ancora uscito in Italia. Qual è il suo rapporto con Maurice Leblanc e il suo personaggio?

«Arsène Lupin è originario della Normandia, come me. I romanzi di Maurice Leblanc rimangono sorprendentemente moderni, ed è uno dei fondatori dei romanzi polizieschi, in Francia e altrove. Ho avuto l'idea di inventare un enigma tratto dai suoi romanzi».

Non le piace la serialità. Perché preferisce cambiare ogni volta luoghi e personaggi?

«Perché mi permette di avere più sorprese, più scoperte. E i miei eroi sono raramente poliziotti, mentre gli eroi ricorrenti nella narrativa noir sono quasi sempre poliziotti, e non sempre risultano molto originali».

È vero che scrivere un romanzo per lei è come correre una lunga maratona?

«Sì, è proprio così, una corsa su lunghe distanze. Devi lottare contro te stesso, ogni passo può essere assimilato ad ogni parola o ad ogni frase, tutto ha senso solo una volta scritta l'ultima riga... Come quando arrivi finalmente al traguardo».

Ha delle abitudini di scrittura particolari?

«Direi di no. Scrivo ovunque e sempre. In treno, in vacanza, in un bar. Ho persino dovuto ammettere che scrivo anche nella vasca da bagno o quando aspetto al semaforo rosso».

Può descriverci il suo Nulla ti cancella?

«È la storia di un bambino scomparso. Sua madre lo trova dieci anni dopo, ma non è invecchiato. Come è possibile? Eppure troverete una spiegazione razionale alla fine del libro!»

Un evento terribile.

«Questa è ovviamente la cosa peggiore che può accadere a un padre o a una madre. Ogni genitore darebbe la vita per i propri figli. È una prova sublime. Sopravvivere al proprio figlio è un dolore, un'assurdità, impossibile da consolare».

C'è qualcosa che la spaventa?

«Pensare di non avere il tempo per scrivere tutti i romanzi che ho in mente».

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