Dai chi non ricorda i Rockets, la band ricoperta d'argento che tra la fine dei '70 e l'inizio '80 suonava Galactica, Electric delight e la cover stravolta di On the road again. Rock, elettronica e una scelta di look che ha lasciato il segno nell'immaginario. Poi stop. Erano i francesi che avevano conquistato l'Europa con un suono allora rivoluzionario che in Italia ha avuto un successo strepitoso. «Torniamo per l'ultima volta», dice Fabrice Quagliotti che c'era allora e c'è ora in questa band che ha cambiato assetto, si presenta (ovviamente) con un look diverso ma ha sempre uno sguardo al futuro. Quarant'anni fa era quello ipotetico di altri pianeti. Oggi è quello reale del nostro. «Wonderland è un disco che capisce il dramma del nostro pianeta ma non lo vuole affrontare alla maniera di Greta Thunberg, l'attivista svedese diventata famosa in tutto il mondo per le sue battaglie ambientaliste: «Non possiamo pensare che si debba tornare indietro di decenni, senza telefonini o addirittura senza energia elettrica».
Detto così, sembra un inno ecologista.
«Io non sono un ecologista nel senso letterale della parola, ma ho a cuore il futuro del nostro pianeta».
Qual è il filo conduttore di questo disco?
«Direi che è il suono fuori dai ranghi».
Una critica alla trap che domina oggi il mercato?
«Ma no, la trap all'inizio mi aveva molto disorientato. Poi ho capito che è un segnale da non sottovalutare. Come il punk. E come altri stili musicali che nel corso degli anni hanno ricevuto critiche ma sono stati capaci di cambiare il corso della musica leggera».
Lo dice per esperienza?
«Anche noi, quando abbiamo iniziato, eravamo fuori dai ranghi, facevamo musica che stupiva tutti e qualcuno ci criticava o ci sottovalutava. Però mi accorgo che la gente oggi si ricorda di noi e questo vuol dire che abbiamo lasciato una traccia».
Il singolo che annuncia Wonderland è Kids from Mars. Un titolo che ricorda un capolavoro di David Bowie.
«La melodia è in effetti molto legata a David Bowie. Volutamente. E ricorda anche Enola gay degli Orchestral Manoeuvres In The Dark, uno dei brani simbolo degli anni 80».
Come sono i suoi rapporti con gli altri storici membri della band?
«Con Alain Groetzinger è molto bello, abbiamo anche recentemente improvvisato insieme durante un evento. Con gli altri ci siamo persi di vista».
Eravate un simbolo dell'elettronica che stava nascendo.
«Sì ma non mi piace l'elettronica come si intende ora. Tutti possono comprarsi l'elettronica, basta un clic, bastano due software a buon prezzo. Perciò i Rockets tornano con un disco che contiene anche elettronica, ma non come la possono fare i ragazzini. Per carità, lo dico con il massimo rispetto. Ma noi c'eravamo quando questo tipo di musica è nata e sappiamo come gestirla».
Avete avuto un successo enorme.
Eravate ospiti addirittura di programmi Rai in prima serata.«Avevamo vent'anni e a quell'età passa tutto molto velocemente. Come tutti, non sapevamo goderci le cose. È forse paradossale, ma il successo di allora me lo godo di più oggi».
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