A guardarlo così, senza sapere nulla, non diresti mai che è un film tutto italiano (produzione, regia, sceneggiatura, montaggio...). Ambientato in Irlanda, recitato in inglese come le interpreti e con un titolo anglofono, Shadows di Carlo Lavagna proiettato ad Alice nella città della Festa del cinema di Roma e da giovedì 19 novembre invece che nelle sale chiuse sulle piattaforme (Sky Primafila, Chili, Google Play, Apple iTunes, CG Digital, Rakuten TV, The Film Club, Timvision, Infinity, Io resto in sala) appare come un ufo nella nostra cinematografia.
Anche la storia è poco vista da noi: Alma e Alex sono due sorelle adolescenti che vivono nascoste nell'oscurità dei boschi, in un vecchio hotel abbandonato, con la loro madre, una donna severa che le protegge dalle misteriose insidie del mondo esterno. Di giorno dormono e si proteggono dalla luce del sole per loro mortale mentre di notte aiutano la madre nella ricerca del cibo. Che cosa c'è oltre la foresta? Perché sembrerebbe che al mondo siano sopravvissute solo loro? Perché la madre è così dura con loro quando, vista l'età, iniziano a spingersi verso il confine del loro mondo ossia il fiume nero? Il secondo film di Carlo Lavagna, che avevamo conosciuto con Arianna, altra opera sui generis, naturalmente risponderà a tutte queste domande rispettando le convenzioni di genere, siamo sempre in un thriller psicologico un po' post-apocalittico (vengono in mente titoli come The Village di M. Night Shyamalan e The Others di Alejandro Amenábar), ma cercando una sua via abbastanza originale che ha molto a che fare con il «coming of age» simbolico delle due ragazze.
In film di questo tipo, dove l'atmosfera è quasi tutto, ci vuole certo un buon regista che sappia giocare con i colori, i toni, le sensazioni proprie del paesaggio e dell'architettura a disposizione ma Shadows non riuscirebbe a convincere se non ci fossero tre interpreti così azzeccate. Ecco Saskia Reeves, vista nella serie tv Luther ma anche in Nymphomaniac di Lars von Trier, nel ruolo della madre, severa ma protettiva, rigorosa ma anche indulgente. Mentre Lola Petticrew interpreta Alma, una delle due sorelle, la più intraprendente e coraggiosa. Ma alla fine è l'altra sorella a prendere in mano l'intera situazione e l'intero film.
A interpretarla c'è Mia Threapleton che non a caso è la figlia ventenne di Kate Winslet e del regista Jim Threapleton e che per questo ruolo dice di essersi paradossalmente preparata poco: «Ho visto più che altro dei documentari per immaginarmi in quei luoghi mentre volevo essere più in grado di fare cose mie». Ecco perché ci tiene a sottolineare che «non ho pressioni dal fatto che mia madre sia mia madre, anzi se mi paragonano a lei la cosa mi lusinga, lei è incredibilmente brava, io non vivo negativamente il confronto».
Curioso anche come sia stata scelta dal regista: «Mia era venuta a provare il ruolo dell'altra sorella, Alex, e, dopo il provino, ho cominciato a pensare che fosse perfetta per Alma perché riusciva a dare delle tonalità emozionali che non avevo visto in nessun altra. Così ho chiesto se poteva tornare per provare l'altro ruolo e lei lo ha fatto nonostante stesse già in aeroporto». Quella di Mia Threapleton è certamente una fortunata capacità attoriale quasi istintiva: «Non ho studiato in particolare recitazione anche se ho sempre amato recitare, in questo mio padre mi ha aiutato, a 10 anni dicevo: Sì, forse vorrei fare veramente questo da grande».
Fortemente voluto da Andrea Paris, produttore particolarmente curioso che, con il suo socio Matteo Rovere (Il primo Re e ora Romulus), ha montato un'inedita coproduzione italo-irlandese, Shadows ha avuto diversi passaggi e fasi di sceneggiatura (scritta da Fabio Mollo, Damiano Bruè, Vanessa Picciarelli e Tiziana Triana), tanto che rivela il regista al lavoro già sul prossimo film e alla serie Arcana Imperii per HBO Max «nel tempo è mutato, era iniziata come una storia sulla sindrome di Stoccolma mentre poi è diventato un film di genere un po' più elevato con l'inserimento, come nel mio esordio, del coming of age con le protagoniste che acquisiscono una nuova consapevolezza».A questo punto un soggetto quasi di fantascienza diventa «un po' un film neorealista, una storia vera». Ogni riferimento all'attuale pandemia con la conseguente costrizione in luoghi delimitati non è puramente casuale.
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