Stornelli, doppi sensi e rock (demenziale)

La canzone umoristica e satirica italiana da Petrolini a Caparezza

Antonio Lodetti

«Sono un uom grazioso e bello, sono Fortunello/ Sono un uom grazioso e sano, sono un aeroplano/ Sono un uom assai terribile, sono un dirigibile/ Sono un uom che vado in culmine, sono un parafulmine». Irriverente, spiazzante, sardonico è il testo di Fortunello, uno dei grandi successi di Ettore Petrolini, padre nobile della canzone satirica, che con il doppio senso e gli equivoci lessicali ispirò tutti i comici e i cantautori di genere italiani - da Dario Fo a Giorgio Gaber - (tra l'altro la canzone è anche un esempio di rap ante litteram). Con la sua idiozia sublime, Petrolini mostra le sue mille, antitetiche facce essendo al tempo stesso dissacratore del fascismo e amico di Mussolini, uomo di cultura e artista demenziale, autore futurista che prende in giro il futurismo: «Marinetti è quella cosa/ Che facendo il futurista/ Ogni sera fa provvista/ Di carciofi e di patat», canterà in un suo celebre stornello. Non può essere che lui, insieme a Rodolfo De Angelis, che fonderà con Marinetti il teatro della sorpresa e rivendica il ruolo di «canzonettista» folle, ad aprire il saggio di Roberto Manfredi Skan-zo-na-ta (Skira, pagg. 250, euro 16.50) che racconta la canzone umoristica e satirica italiana da Petrolini a Caparezza.

Napoli ha dato molto alla canzone umoristica, sin dall'Opera Buffa del '700 con indimenticabili brani come Lo guarracino e Cicerenella. Come non citare personaggi come Nino Taranto con la sua Ciccio Formaggio, poi rielaborata da Totò (che debuttò come cantante-macchiettista nel 1941 con Il bel Ciccillo) che la rilegge nei panni di Mussolini, che rimprovera l'Italia (rappresentata in scena da Anna Magnani) di essere stata troppo arrendevole nei suoi confronti («Quando io pontificavo dal balcone/ Dovevi farmi almeno un pernacchione»). Mario Panzeri e Gorni Kramer univano l'umorismo ai suoni selvaggi del jazz, nonostante le minacce del Partito Fascista, e allo stesso modo creò atmosfere e personaggi indimenticabili Carosone, che scrisse tra le altre La pansè e Pigliate 'na pastiglia. Impossibile non citare Fred Buscaglione con Leo Chiosso, ma non vanno dimenticati i Brutos (in cui militava Aldo Maccione), un misto di bruttezza e comicità che li portò - con la demenzialità - al successo in tutto il mondo e persino a Las Vegas davanti a Elvis Presley!

Raffinato e addirittura sofisticato l'humor jazzy del Quartetto Cetra, mentre più vicina al cabaret e al teatro-canzone è la musica dei Gufi. Tutti conoscono le storie di Gaber, Jannacci, la genesi del mitico Derby milanese ma pochi ricordano un personaggio di culto degli anni '60 come Franco Nebbia. Fondatore della Roman New Orleans Jazz Band e del milanese Nebbia Clun, primo locale ad essere registrato come «teatro cabaret». Autore del divertente Vademecum tango, tutto costruito su versi in latino, Nebbia metteva in scena spettacoli arditi come Frammenti di Umberto Eco e Cantando e ridendo che male ti fo di Dario Fo.

Ai nostri tempi la tradizione continua col rock demenziale.

Nel 2007, al Teatro Dal Verme di Milano, gli Skiantos di Freak Antoni ed Elio e le Storie Tese si sfidano per l'uso in esclusiva del termine «rock demenziale», creato 15 anni prima da Antoni. Il fil rouge tra le due band sono i testi delle canzoni, irriverenti e osceni come Sesso e karnazza da una parte e «l'inno a John Holmes» dall'altra.

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