Cultura e Spettacoli

La strage continua... "Gomorra" in bilico fra mafia e Shakespeare

Per la primavera 2016 è previsto il ritorno della serie televisiva di culto. Entrano due nuove "donne d'onore". E un boss, anche se piace molto al pubblico, rischia di morire

La strage continua... "Gomorra" in bilico fra mafia e Shakespeare

Scena Uno. Esterno giorno. Capannone abbandonato, zona industriale di periferia. Due auto nere di grossa cilindrata entrano nel parcheggio deserto. Dietro i finestrini oscurati «don» Pietro, il boss del clan Savastano appena evaso da un carcere di massima sicurezza.

Scena due. Interno giorno. Dentro l'immenso garage, «don» Pietro scende lentamente dalla macchina, aiutato dai suoi fedelissimi che lo hanno liberato. In un silenzio irreale, tesissimo, i picciotti lo informano dell'agguato in cui, da poco, è caduto suo figlio.

Nella finzione televisiva siamo alla periferia di Bergamo, vicino all'istituto penitenziario in cui era recluso «don» Pietro Savastano, alias l'attore Fortunato Cerlino, impassibile, barba folta, tuta nera. Nella realtà produttiva siamo a Nola, nella città metropolitana di Napoli, dove sono iniziate le riprese del secondo ciclo di Gomorra. La serie , megaproduzione Sky diventata di culto in Italia e nei 113 Paesi in cui è stata venduta, Usa compresi. Si dice che il presidente di Trinidad, fan di Gomorra , chiuda le riunioni di governo in uno stentato napoletano: « Stat senz penzier... ».

Budget di 16 milioni di euro, location in tutto il napoletano, dai Campi Flegrei a Scampia, da Afragola al quartiere di Poggioreale, ma anche in Sudamerica, Croazia e Germania (dove ci sono già stati dei ciak qualche settimana fa) e un terzo capitolo delle saga a cui si sta già pensando (insieme addirittura a una nuova serie tratta da Saviano, ZeroZeroZero) , la continuazione di Gomorra , sempre di 12 puntate, andrà in onda nella primavera 2016.

Si parte, narrativamente, poche ore dopo il feroce finale della prima parte - un grand guignol da antologia col massacro del clan Savastano ordinato dal boss rivale Salvatore Conte (ma non tutti sono morti...), la strage degli agenti di scorta di «don» Pietro e Ciro che spara a Genny lasciandolo a terra, ma ancora vivo, in una pozza di sangue - per continuare a narrare l'eterna lotta per il Potere, tra iperrealismo camorristico e archetipi della tragedia classica: la bramosia del comando, il tradimento, la vendetta... Tutto già scritto da secoli, tutto sempre nuovo per gli spettatori.

Temi umani antichissimi, linguaggio televisivo postmoderno: è la formula - per nulla segreta ma vincente - di Gomorra , serie ispirata al romanzo di Roberto Saviano, stravolto e irrobustito da una squadra di sceneggiatori bravissimi, girata da un pool di quattro registi sotto la supervisione di Stefano Sollima e interpretata da un gruppo di attori di formazione, e di fama, teatrale. Almeno fino al boom della prima serie: oggi, come confessa sul set Marco D'Amore, che nella serie tv impersona Ciro l'«Immortale», il successo ha stravolto tutto: «Ho recitato per una vita a teatro senza che nessuno mi filasse, ora appena vedono le roulotte della troupe arrivano quattrocento persone che vogliono farsi la foto...». I segreti della Camorra non sono mai stati così popolari.

E mentre gli attori sono diventati star famosissime, la segretezza sulla trama è totale. Francesca Comencini, uno dei quattro registi assieme a Sollima, Claudio Cupellini e la new entry Claudio Giovannesi, che chi ha visto Alì ha gli occhi azzurri si ricorda bene, ha detto di aver scoperto la parola spoiler mentre andava in onda la prima serie: «E sono rimasta terrorizzata». I vertici di Sky hanno invitato sul set giornalisti di mezza Europa, ma blindato lo script.

Le indiscrezioni sono poche. Ma qualcuno spiffera: tra Ciro, Salvatore Conte, Pietro Savastano e Genny, i quattro protagonisti che si contendono il potere in una guerra che ha regole precise ma nessuna pietà, sembra che uno rimarrà ucciso. Forse addirittura il più amato dai fan. Del resto, anche Imma, la splendida Maria Pia Calzone, esaurita la funzione shakesperiana di allevare l'erede al trono, è stata cinicamente fatta fuori dagli sceneggiatori. La storia (televisiva), Game of Thrones in primis, insegna che eliminare personaggi di grande successo, a differenza di quanto si pensi, tiene gli spettatori attaccati alla serie. Basta sostituirli con altri caratteri originali, anche contrapposti. E così, nell'universo criminale di Gomorra , nella seconda serie, entrano due nuove femmine d'onore. Belle o fatali, o entrambe le cose. C'è Patrizia (interpretata da Cristiana Dell'Anna), commessa nel negozio di moda dove si servono tutte le donne più in vista di Secondigliano, un «orecchio» discreto che si rivelerà utilissimo per lo zio Malamò, luogotenente di «don» Pietro. E c'è Annalisa, detta «Scianel» (l'attrice Cristina Donadio), diventata reggente spietata della piazza di spaccio del fratello Zecchinetta, boss ucciso dai ragazzini di Genny nella prima stagione.

Ma dalla guerra tutti-contro-tutti di Gomorra , orgia infernale di sangue, di bestie scambiate per eroi e disperati capaci di riscatto, qualcuno uscirà vivo?

Salvatore Conte, il boss disumano e filosofo che ha l'espressività, i silenzi e il codino gellato di Marco Palvetti, sul set è di poche parole. Ma pesanti: «Non ci sono eroi, solo personaggi sopra i quali c'è il Destino. Sono già morti. Tutti».

Esterno notte. Ciak.

Si ricomincia.

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