Cultura e Spettacoli

Lo strapadano Bregola gusta i piaceri di una volta

Lungo il Po, tra Mantova e Ferrara la riscoperta di tutto ciò che la modernità vuole spazzare via

Lo strapadano Bregola gusta i piaceri di una volta

Ci sono parole che mi mettono tenerezza, parole piene di ricordi ma che oggi si usano meno, messe ai margini del lessico contemporaneo: «camporella» è una di queste. Ci sono posti che mi mettono tenerezza, posti pieni di ricordi ma che oggi si abitano meno, si frequentano meno, messi ai margini della vita contemporanea: la Bassa Padana è uno di questi. Chiunque condivida tale sensibilità, chiunque (in un giorno vicino o lontano non importa) abbia amoreggiato in una carraia, chiunque abbia conosciuto la malinconia della grande pianura dovrebbe leggere Nei luoghi ideali per la camporella di Davide Bregola (Avagliano Editore), raccolta di racconti strapadani completati da una «Nota dell'autore» che è una commovente dichiarazione di poetica.

Due paginette che inizialmente possono richiamare alla memoria altri narratori della pianura quali Gianni Celati e Mirko Volpi, e magari il duo di Anime galleggianti Massimo Zamboni e Vasco Brondi, o un altro cantore dell'abbandono come Franco Arminio, solo che poi certe nostalgie appaiono specifiche: «Mi piace tutto ciò che è off topic: i pozzi, i fossi, i paesini senza attrazioni storiche, gli argini... Mi piace stare ore in ferramenta a guardare tutti quegli arnesi e quelle viti e quelle guarnizioni e i pennelli e i compressori, i trapani, i martelli... Amo scrivere lettere a mano, mandare cartoline dai luoghi di villeggiatura». Anche la parola «villeggiatura» mi mette tenerezza, messa ai margini, anzi del tutto soppiantata prima dalla parola «vacanza» e infine dall'orrenda parola «weekend» (sì, sono uno di quelli che insistono a dire «fine settimana»).

Davide Bregola

Ho evocato Franco Arminio e già devo pentirmene: lo scrittore irpino è quasi un politico, mentre lo scrittore padano è un letterato perfettamente disinteressato. Bregola non vuole diventare sindaco del suo paese, non stila programmi né organizza convegni per il rilancio delle sue terre, e se va alla ricerca di «vecchie insegne di partiti politici spariti» significa che per lui la politica è ruggine e polvere. Per gli aspiranti amministratori c'è sempre qualcosa da cambiare, per Bregola c'è sempre qualcosa da conservare, da fissare nell'eterno letterario. Come in Voci, racconto scritto dopo aver registrato testimonianze nelle case di riposo: «Io sono Leda, nata nel 1923 a Sabbioneta. Dagli undici anni in poi ho sempre lavorato»; «Io mi chiamo Nadia e sono nata il 17 gennaio del 1928. Sono nata a Stellata di Bondeno dopo cinque bambine scomparse dopo la nascita»; «Io sono Redeo e sono nato a Motteggiana nel 1927. Ricordo che eravamo in una corte con mucche, tori»; «Io facevo la terza elementare, sono del 1925, e vidi il principe Umberto arrivare in piazza Sordello con una meravigliosa carrozza»; «Io mi chiamo Eleonora, ricordo quando la neve era alta e si andava con gli zoccoli»... Del libro è il racconto più struggente, ovvio.

Bregola parla anche del presente e quando lo fa è più lucido di tanti modernisti metropolitani. Solo un incorreggibile nostalgico può essere così attento al continuo cambiamento che sconvolge la fisionomia dei paesaggi amati. Si legga a tal proposito il racconto Hangar: «Tutti i luoghi sono stati trasformati in rotatorie e le strade rettilinee non esistono più»; «Le discoteche di un tempo sono diventate i discount alimentari»; «Era ieri che vedevi terre a maggese e oggi greggi di padroncini in furgoni bianchi costeggiano la Modena-Brennero e la A 13»... E più ancora del presente c'è da temere il futuro: «Mentre tutti stanno aspettando quel che ci proporrà l'algoritmo, da qualche parte sta nascendo l'Hub di qualcosa».

Ma qual è l'esatta geografia di queste strapadane storie? Corrisponde ai paesi tra Mantova e Ferrara, indifferentemente riva destra e riva sinistra del Po, comuni piccoli o in procinto di diventarlo per via di uno spopolamento che ormai somiglia a un crollo: Bondeno, dove Bregola è nato, aveva 28mila abitanti nel 1951, ne ha 13mila oggi, Ostiglia, dove Bregola ha vissuto, aveva 10mila abitanti nel 1951, ne ha 6mila oggi... Non è facile ma bisogna imporsi di vedere il lato positivo di qualsivoglia disastro. Ed eccolo: con così poca gente in giro sono luoghi ideali per la camporella! A Milano, senza una casa a disposizione, sei obbligato ad andare in un motel, certamente più comodo di una macchina in mezzo ai pioppi ma, le amiche lettrici converranno, un filo meno poetico.

Mentre se ti trovi, per dire, a Sustinente, altro paese strapadano peggio che dimezzato (4200 abitanti nel 1951, 1900 oggi), hai sempre la possibilità degli argini. Del resto, come scrive Bregola, «si trattava di andare in auto nei posti più bui per appartarsi con una ragazza».

(Due parole che mi mettono tenerezza in una sola frase: «Appartarsi» e «ragazza»).

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