Suicida il «Top Gun» del cinema d'azione

Suicida il «Top Gun» del cinema d'azione

Un salto giù dal ponte «Vincent Thomas» e il sessantottenne Tony Scott, regista di Hollywood noto per blockbuster planetari come Top Gun, Giorni di tuono e Beverly Hills Cop 2, domenica l'ha fatta finita. Da meticoloso, il fratello meno noto ma altrettanto produttivo di sir Ridley, ha parcheggiato la sua Toyota Prius nera alla fine del ponte, tra San Pedro e Terminal Island, lasciando sul cruscotto istruzioni per il post mortem: così la polizia di Los Angeles ha messo ordine nella confusione di quel tragico momento. Il cappellino rosso da baseball, che Scott indossava sempre, è volato prima di lui nell'aria calda intorno alla baia di L.A. e la polizia, con la California Highway Patrol, ha impiegato ore a scandagliare le acque turbinose del porto: pareva d'essere in una delle serie tv prodotte dagli affiatati fratelli Scott, soci in affari nella «Scott Free» (di recente ha portato nelle sale proprio un film di Ridley, Prometheus). Verso l'alba, il corpo è stato ripescato, caricato su un cargo e portato al molo Wilmington. Secondo la rete televisiva Abc, che ha citato fonti «vicine al regista» ma anonime, Tony Scott, che avrebbe lasciato anche una lettera ai famigliari, soffriva di un cancro incurabile al cervello. Il fratello Ridley, raggiunto dalla notizia a Londra, sarebbe immediatamente partito per Los Angeles.
Ora cominceranno le speculazioni sul minore dei fratelli Scott, produttori inglesi di talento e registi che volevano essere commerciali senza rinunciare alla qualità. Vivere all'ombra di Ridley, premio Oscar per Il Gladiatore (2000) e varie nomination per titoli di culto come Alien, Blade Runner e Thelma e Louise, non era una passeggiata. Vedersi poi fare a pezzi dalla critica per Una vita al massimo (1993), scritto da Quentin Tarantino e zeppo di star - da Brad Pitt a Patricia Arquette, da Christopher Walken a Christian Slater -, fu terribile. Janet Manslin del New York Times scrisse che il film era «un road movie amorale, diretto da Tony Scott e dominato dal machismo di Quentin Tarantino». Nonostante le critiche negative, il film fu una bomba commerciale. E oggi è in aria di rivalutazione artistica. Non a caso il documentarista Michael Moore in un suo tweet ha scritto che Una vita al massimo era uno dei migliori film del decennio, privato del giusto riconoscimento. Scott arruolò di nuovo Tarantino per fargli scrivere i dialoghi di Allarme rosso (1995), thriller militare che associava la tensione da reclusione sottomarina e un cast formidabile: chi non ricorda il ping-pong di potere tra il comandante del sottomarino Gene Hackman e il comandante in seconda Denzel Washington? Fu a quel punto che decollò la carriera di Denzel, legato a Tony Scott in un sodalizio che li vide collaborare in Man on Fire - Il fuoco della vendetta (2004), Déjà vu (2006) Pelham 123 - Ostaggi in metropolitana (2009) e Unstoppable, l'ultimo film di Tony, che andò bene al botteghino (130 milioni di dollari) e piacque alla critica. Perché il problema, per la critica Usa tra gli Ottanta e i Novanta, quando i registi di fascia alta non si erano ancora «venduti» alla televisione, rimaneva lo stesso: troppa adrenalina, per cui pollice verso.
Tony Scott, che col fratello ha prodotto serie tv innovative come NUMB3RS, The Good Wife e I pilastri della terra con Donald Sutherland, di insuccessi ne infilava con costanza, ogni volta che faceva il regista europeo in salsa USA, mescolando psicologia e azione pop in discutibili mix: è il caso del suo primo film, Miriam si sveglia a mezzanotte (1983), con Catherine Deneuve nel ruolo della vampira raffinata, in strano duetto con David Bowie. Tony Scott, comunque, non venne preso troppo sul serio dagli studi di Hollywood, finché non imbroccò Top Gun (176 milioni di dollari al box-office Usa, oltre 380 nel mondo), all'epoca sbeffeggiato e ora considerato un classico. In un'intervista al Times, il regista raccontò che non sapeva niente della prestigiosa Fighter Weapons School, dove si addestravano i migliori piloti americani, icona dei quali divenne Tom Cruise, lanciato con quel film, «una specie di rock'n'roll nei cieli», per dirla con Scott. Inseguendo il successo di Top Gun, arrivò il sequel di Beverly Hills Cop. 2 (1987), con Eddie Murphy a ridere fuori dalle gengive e dritto ai 153 milioni di dollari d'incasso. Anche se il punto più alto della sua cinematografia è considerato Nemico pubblico (1998), brillante film di spionaggio con Gene Hackman e Will Smith, fitto di rimandi ai classici del genere come The Conversation di Francis Ford Coppola (che non a caso aveva Hackman protagonista).

«Come regista, - aveva detto Scott - penso d'essere molto fortunato. Ho fatto film d'intrattenimento puro, diversi tra loro. Cosa li accomuna? La passione che ci metto: per me, fare un film è come combattere una guerra». Forse la passione era sfumata, nonostante le battaglie vinte.

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