Cultura e Spettacoli

"Tolo tolo", la comicità di Zalone s'innesta sui contenuti di Virzì

L'intento è nobile: sensibilizzare il più vasto pubblico possibile sul tema dell'immigrazione, grazie a umorismo e umanità. A pagarne il prezzo è il divertimento, ridimensionato.

"Tolo tolo", la comicità di Zalone s'innesta sui contenuti di Virzì

Con "Tolo Tolo", suo quinto film da protagonista, Checco Zalone torna sul grande schermo non solo come attore ma anche, per la prima volta, come regista.

Scritto dallo stesso Luca Medici (vero nome del comico) in collaborazione con Paolo Virzì, l'attesa pellicola uscirà tra poche ore in oltre mille copie ma i fan sappiano che stavolta il Checco nazionale, anziché mirare a far ridere in maniera genuina come suo solito, punta più in alto. Forse temendo di non riuscire a divertire come nel precedente "Quo Vado?", dall'incasso record, oppure, più probabilmente, volendo monetizzare quel successo in un modo più nobile, l'artista sceglie di rendere il divertimento secondario rispetto allo scopo di fare la differenza su un tema sensibile dei nostri giorni, l'immigrazione. Si sorride in quantità, ovviamente, ma l'umorismo è frenato e funzionale alla visione edulcorata di situazioni che nella realtà sono drammatiche.
"Tolo tolo" racconta di un piccolo imprenditore, Checco (Zalone), che dopo aver visto fallire l'idea di proporre il sushi nel suo paesello natio, in Puglia, fugge dai creditori lasciando ai parenti i propri debiti. Rifugiatosi in Kenya, vede letteralmente andare distrutto il suo African Dream (nome del resort in cui nel frattempo ha trovato impiego) e, per tornare in Italia, si unisce a un gruppo di migranti. Con loro affronterà prima il deserto e poi la traversata via mare.

Il trailer sui generis, ossia il video della canzone "Immigrato" in cui si passano in rassegna in modo ironico i luoghi comuni legati alle famose "risorse", dopo aver visto "Tolo tolo", si rivela essere un cavallo di Troia costruito ad arte per tirare la volata pubblicitaria all'uscita nei cinema e per confondere le acque sull'eventuale orientamento politico del film.

Fuggire quanto possibile dalle etichette serve a vendere biglietti ai simpatizzanti di tutti gli schieramenti e quindi la narrazione si mantiene il più possibile superpartes, piazzando un paio di dissuasori come un nero traditore e un francese dall'ipocrisia radical-chic. Ciò detto, pare impossibile che chi ha scritto "Tolo tolo" creda davvero di aver praticato chissà quale equilibrismo.

Archiviato il sodalizio con Gennaro Nunziante e imbeccato forse dal nuovo collaboratore, Zalone realizza un'opera che sembra aspirare ad avere un qualche valore pedagogico per i più piccoli e a smuovere per quanto possibile le coscienze dei più grandi.
Ambizioso ed esemplare, senza dubbio. Il film però funziona maggiormente quando il comico domina la scena con il personaggio di sempre, l'opportunista affetto da qualunquismo e furberia. La commistione tra favola e terzo-mondo, coraggiosa e attenta a dribblare scivoloni nel buonismo più sfacciato, convince meno. Le battute atte a intervallare la ferocia sottintesa del contesto, alla fine, da un lato impediscono la commozione e dall'altro non bastano a far librare alta la spensieratezza. Le contaminazioni sono materia difficile, come insegna l'argomento del film, e quella tra l'impegno, imperativo morale da sempre caratteristico di un uomo come Paolo Virzì, e il candido cinismo, assunto base della comicità di Zalone, va a buon fine fino a un certo punto.

Sono scene irresistibili quelle in cui vizi, gusti e limiti del protagonista (e dell'italiano di provincia) risaltano come avulsi e superficiali rispetto alle preoccupazioni reali di chi lo circonda. E', inoltre, indovinato il file rouge sulla carriera dell'arrampicatore politico che "assomiglia a Conte, ha il curriculum di Di Maio e parla come Salvini" (citandone la descrizione stessa fatta da Zalone in conferenza stampa), mentre è poco immediato il sillogismo tra fascismo, egoismo congenito e candida.

Si poteva fare a meno della canzoncina "la gnocca salva l'Africa", inopportuna per tanti motivi, storici e anche contingenti al film (resta oscuro un certo comportamento del personaggio femminile). Così come lascia interdetti la digressione finale disneyana.


Insomma, l'importante è non andare a vedere "Tolo tolo" pensando di trovarsi di fronte a due ore di puro disimpegno, perché quello nato a quattro-mani da Virzì e Zalone è un film che vuol avvicinare il pubblico al vissuto dei meno fortunati e forse anche tentare di cambiarne l'opinione a riguardo.

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