Tomás Saraceno: "Così l'uomo fluttuante può muoversi nell'aria senza inquinare"

Nelle installazioni dell'italo-argentino conivivono piante, ragni e umani

Un mese fa Tomás Saraceno era tra la luce abbagliante delle Salinas Grandes, in Argentina, a festeggiare il sesto volo senza combustibile del suo Aerocene Pacha, una scultura-installazione che si alza a luce solare ed aria:, progetto artistico e scientifico: ha fatto due km di percorso, con la capitana Leticia Marquès alla guida, ma ha infranto l'utopia, e questo basta. Ora Tomás Saraceno, 47 anni, artistar di lungo corso (prima Biennale nel 2001), argentino di genitori italiani, infanzia globetrotter, studi di architettura allo IUAV di Venezia e studio nel Mittal, a Berlino, porta a Palazzo Strozzi a Firenze agli Uffizi l'artista è andato a studiarsi i fogli con gli studi di Leonardo sulle macchine rotanti la sua Aria (fino al 19 giugno, a cura di Arturo Galansino, catalogo Marsilio). Il guru dell'homo flotantis, l'uomo che si muove nell'aria senza inquinare, da sempre ossessionato dai ragni tanto da creare l'Aracnomanzia, sorta di arte dei tarocchi basata sulle forme geometriche delle tele del ragno (quelle in mostra valgono, da -sole, il biglietto) traghetta uno dei luoghi simboli del nostro Umanesimo in una nuova era. Benvenuti allora nell'Aerocene dove è possibile che piante, polvere, ragni, umani vivano in pacifica simbiosi davanti ai nostri occhi.

Maglioncino alla Steve Jobs, studi alla Nasa e al Mit di Boston, Saraceno pratica una nuova frontiera dell'artivismo: la devozione pacata. C'è grazia e coerenza nel suo incistarsi su alcune grandi questioni come lo sfruttamento delle terre indigene in Argentina per estrarre il litio o la necessità di una mobilità alternativa per non morire di Pm10

Si sente in colpa per essere giunto in aereo da Berlino?

«Il sogno del volo di Leonardo oggi per molti di noi è diventato un incubo. Sì, mi sento in colpa per le millemiglia che macino, e cerco di rimediare (mi mostra allora sul suo cellulare l'Aerocene App da lui ideata, che calcola i tempi di spostamento da un luogo all'altro sfruttando solo le correnti ascensionali, per la cronaca: per Firenze-New York servono 12 giorni, ndr).

Si considera un ecologista?

«Credo nell'ecologia della mente: dobbiamo riappropriarci della lentezza e per esempio smetterla di visitare mostre per fare foto alle opere».

Touché. Per questo molte stanze di questa esposizione sono buie, e non riusciamo a fotografarle?

«Così siamo costretti a mettere da parte i cellulari e a guardare davvero. All'arte del selfie contrappongo l'arte dell'impegno. Bisogna sforzarsi per vedere i fili delle ragnatele e per scovare dove si nasconde il ragno...».

Lo sa, vero, che qualcuno si spaventerà a morte?

«Non siamo più abituati a considerare la presenza di altri esseri viventi oltre a noi stessi, ma i ragni a Palazzo Strozzi ci son sempre stati, e da molto prima di noi. Se in casa scoviamo una ragnatela la spazziamo via. Io suggerisco l'opposto: va osservata. Per questo ho inventato la App Arachnomancy»

Un'altra app?

«Somiglia a quella dei Pokemon: permette di cercare le ragnatele più vicine. Fa aprire gli occhi sul mondo reale: è una mappatura dell'invisibile attorno a noi».

È credente?

«No, ma mi sento vicino alla Chiesa nell'idea del rispetto del creato».

Il suo sogno del suo «volo perfetto» somiglia all'ascesi.

«A ben pensarci sì, sfruttando il potere soprannaturale... della tecnica».

Lei ha i geni dello scienziato.

«Mia

madre è biologa, mio padre ingegnere. Se sono un artista è merito loro: della mia infanzia in Italia ricordo le code in piazza San Marco, per vedere tutte le mostre a Palazzo Ducale. All'epoca un incubo, ma forse è servito».

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