Debutta domani il programma Fuori quadro, alle 13.25 su Rai3. Il titolo riprende il mosaico ghezziano di Fuori orario, ma invece della notte sarà il momento del pranzo. Achille Bonito Oliva, il geniale inventore della Transavanguardia, ne è l'autore e il conduttore. Un programma definito da lui stesso «interdisciplinare, transnazionale e multimediale» dove sarà coinvolto l'intero sistema dell'arte contemporanea. Un ritorno, quello di ABO, a uno dei mezzi che ha frequentato fin dagli anni '70, il primo critico a scoprire la potenza della tv per parlare d'arte in maniera libera e anticonformista, a cominciare da Totò Modo. L'arte spiegata anche ai bambini.
ABO, che cosa sarà Fuori quadro?
«Dodici puntate tematiche che esprimeranno l'urgenza teorica sull'attuale, il risultato di una frammentazione interdisciplinare, una vera e propria catena di Sant'Antonio che coinvolgerà il critico e l'artista, il museo e il collezionista, il gallerista e il pubblico. Rappresenterò la galassia di un sistema articolato, una sorta di superarte attraverso il mezzo multimediale per eccellenza, e così l'apparato tecnico ci restituirà in termini temporali la complessità del contemporaneo».
Come saranno strutturate le puntate?
«Non mi interessa l'informazione, che oggi passa attraverso la velocità del web, ma la rappresentazione di un problema complesso, come l'arte totale nella prima puntata, quindi il bello del quotidiano, le tribù dell'arte ecc... In ognuna ci saranno tre dialoghi con un artista, un direttore, uno scienziato o un collezionista, quindi tre schede sul tema affrontato con rimandi tra la storia e il presente, che si chiude con la morale della favola in forma di aforisma. Durata: 30 minuti, una misura aurea e ideale».
Rispetto ai suoi esordi in tv, che cosa è cambiato?
«Agli inizi attraverso un atteggiamento performativo avevo dato corpo al critico, che prima di me era una figura laterale; ho attribuito visibilità a un soggetto complementare anche attraverso le foto sui giornali e sulle riviste, ai miei articoli e alle mie lezioni. Al tempo si trattava di una figura inedita, che produceva sbigottimento, perplessità e scetticismo. Dopo gli anni '70 il critico è entrato nelle università, sulla stampa e c'è stata una progressiva alfabetizzazione del pubblico anche attraverso la tv. Peraltro a me interessa una tv generalista, capace di bucare l'indifferenza preconcetta verso il contemporaneo. Una visione che vuole sorprendere, non spiazzare, mettere in discussione un mondo atrofizzato dalla spettacolarizzazione, essere allarmante e insieme problematica».
Pensa che sia giusta la fascia dell'ora di pranzo e non è un rischio uscire dalla nicchia notturna per appassionati?
«Il pubblico di Rai3 è già scremato, si porta dietro un pregiudizio favorevole per questo genere di programmi, un partito preso di simpatia e attesa. Fuori quadro peraltro è costruito come un mosaico di vari temi e interessi, non esattamente specialistico».
Come giudica gli interventi in tv di altri critici, da Daverio a Bonami?
«Non li ho mai visti... Altri invece sembrano sermoni, con spiegazioni scolastiche degne dei programmi degli anni '70 come Zoom o L'approdo. O peggio monologhi per sciampiste».
Perché tutta quest'arte in tv, a cominciare dal successo di Sky Arte?
«Si va verso una tematizzazione specialistica della tv in generale e invece io ritengo che l'arte debba stare nei canali generalisti perché riguarda argomenti di carattere universale e internazionale. Il confronto deve essere con un'audience più ampia e più varia».
L'interesse mediatico verso l'arte cresce mentre, almeno per il contemporaneo, è in flessione il pubblico dei musei. È veramente una strada nuova?
«Una strada nuova che passa attraverso la vaporizzazione del cartaceo, collegandosi ad altri mezzi come il web. Oggi il pubblico è più pragmatico, ha superato lo scetticismo nei confronti del contemporaneo e infatti a me non interessa l'approccio pedagogico bensì il coinvolgimento plurisensoriale».
Cosa pensa dei talent show e crede che potrebbe avere successo uno concepito per l'arte sullo stile di Master Chef?
«Sarebbe performativo, spettacolare e ludico. Altro non saprei».
Quali sono stati i personaggi dell'arte più efficaci dal punto di vista televisivo che ha incontrato in questa avventura?
«Gli artisti Kendell Geers e Jan Fabre, il critico Vicente Todolì».
Perché di domenica?
«Perché, come diceva Baudelaire, l'arte è la domenica della vita».
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