"Verdi contro Wagner? La sfida più dura è interpretarli bene"

Il maestro Riccardo Chailly dirige ouverture e preludi dell'italiano in un cd. Sul caso della Scala: "In Germania li celebrano entrambi"

"Verdi contro Wagner? La sfida più dura è interpretarli bene"

Silenzio. Lui parla fluido e agile come quando dirige. Riccardo Chailly è un uomo d'altri tempi che è diventato un personaggio del nostro tempo: direttore versatile ed internazionale, soprattutto coraggioso, con una gestualità che, anche al loggione più superbo, instilla calore, mica solo chirurgica perfezione. Ed è un piacere ascoltare, persino - anzi a maggior ragione - per le orecchie più attente, le ouvertures e i preludi del suo nuovo Viva Verdi (edizioni Decca, contributo di Unicredit). Chailly che dirige Verdi nel bicentenario di Verdi. Chailly con la Filarmonica della Scala che torna a incidere dopo dodici anni. Volendo, un evento nell'evento. Con una premessa decisiva. Questa.

Direttore Chailly, difficile trovare nello stesso disco il Verdi della maturità con quello della gioventù.

«È una vicinanza che, nel mio intento, vuole confermare che non c'è un Verdi maggiore e uno minore: ma un unico geniale compositore».

Traviata, Nabucco e Aida da una parte...

«... e dall'altra Alzira, composta quando aveva 32 anni. Jérusalem è stata scritta a 34. E Corsaro a 35. Sono le tre pagine nuove di questo disco. L'orchestra non le conosceva ma se ne è entusiasmata. E all'Auditorium di Milano, grazie a un'acustica calda e trasparente, ha esaltato questa passione».

Verdi è drammatico e divertente.

«Difatti l'introduzione del Jérusalem, è cupa e scura in contrapposizione con i cosiddetti “ballabili”. Spesso la cosiddetta “musica da balletto” è stata dimenticata o criticata. E io non sono d'accordo».

Dicono che talvolta fosse banale.

«Se suona banale, è solo colpa degli interpreti».

D'altronde il compositore italiano forse più celebre è sempre (involontariamente) al centro di polemiche. La Scala dedica la prima a un altro bicentenario, Richard Wagner.

«Ciò che conta è che La Scala apra con una grande interpretazione. La vera sfida è suonare bene. Per il resto, c'è polemica dove non vedo polemica: sono due giganti diametralmente opposti».

Però, per farla breve, in Germania Wagner viene prima.

«Vivo per gran parte dell'anno proprio in Germania, dove naturalmente Wagner è assai celebrato. Ma l'attenzione a Verdi è molto, molto presente. Non c'è dicotomia separatista».

Anche dalle sue lettere appena pubblicate, Verdi era quantomeno sospettoso di quello che per lui era «Vagner».

«Nel tedesco c'era una forza nuova che non si poteva ignorare, ma Verdi ha seguito la propria strada fino alla fine. E con il Falstaff non poteva chiudere la vita compositiva con una freschezza di idee più grande».

Debuttò alla Scala nel 1893.



«A febbraio dirigerò proprio alla Scala il Tutto Verdi con l'aggiunta di arie inedite per tenore e orchestra scritte proprio da lui per I due Foscari, Ernani, Vespri siciliani. Le canterà il tenore maltese Joseph Calleja. Voglio mettere in luce un riflesso sottovalutato di quello che, se non altro per coerenza di evoluzione, è un compositore senza paragoni al mondo».

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