Q uello del salone del libro di Torino è un concentrato di tutte le storture italiane. C'è chi approfitta della presenza dell'editore sovranista (Casa editrice Altaforte) vicino a Casa Pound, Francesco Polacchi, che scandalo, ha pubblicato un libro-intervista (di Chiara Giannini) col male assoluto, e cioè Matteo Salvini (altro scandalo), per farsi pubblicità; chi furbescamente fa appelli; chi ci va comunque per «presidiare la democrazia» minacciata dal «fascismo eterno» (in realtà si vuole colpire la Lega); chi mette all'indice, come Hitler, i libri e gli opinionisti pericolosi, rei di plagiare il popolo, a cominciare da Buttafuoco, Giuli, Borgonovo, fino ai libri di Adriano Scianca, o i libri della libera Historica di Giubilei. Insomma, la solita sceneggiata molto virtuale e grottesca. Viene il sospetto che possa trattarsi di un'operazione marketing studiata a tavolino, se non fosse che si ripetono gli stessi schemi, cui siamo abituati. E che vanno denunciati. Facciamoci qualche domanda. In Italia, c'è ancora la libertà di pensiero o vige la censura? Si può pubblicare un libro-intervista con un vice premier, che ha la sventura di avere il consenso dei cittadini? Si può storicizzare il fascismo, senza cadere nell'uso strumentale della storia, anzi nell'ideologia della storia, che da troppo ha sostituito il sano revisionismo (il contrario del negazionismo), che si basa sui documenti, le fonti e le testimonianze che si aggiungono e cambiano continuamente? Francesco Polacchi, editore di Altaforte, ha detto che l'antifascismo è il male. Apriti cielo. Sono saltati dalla sedia tutti i professionisti dell'antifascismo, gli indignati morali e i professionisti della democrazia e dell'umanità. Che da quando c'è il governo populista gialloverde sono sul piede di guerra e non perdono occasione, per scatenare i media. Dai porti chiusi, alla famiglia naturale (Congresso di Verona), dagli scandali alle divisioni tra i due Dioscuri (Di Maio e Salvini), ogni pretesto è buono. E che fanno? Reiterano ossessivamente il mantra che li caratterizza dal dopoguerra in poi. Quando la sinistra politica, giornalistica, intellettuale, perde, viene sconfitta dal voto, resuscita il fascismo (nelle sue varie declinazioni, l'anti-berlusconismo, l'anti-salvinismo). Fascismo mediatico, e adesso pure il fascismo culturale. La sinistra grida all'odio razziale, alla xenofobia, al fascismo del 2000. Una retorica che ha stancato: prova ne sono le celebrazioni stanche e spente di ogni festa nazionale: dal 25 aprile al primo maggio. E così sarà anche il 2 giugno prossimo. Una narrazione unicamente a uso e consumo di una casta che ha perso il senso della realtà. E lontana da una minima idea di pacificazione nazionale, di riconciliazione col passato, con la nostra identità storica, culturale, religiosa. La verità è che, per chiare responsabilità politiche, siamo ancora figli di patrie di parte, della guerra civile, trasformatasi in guerra tra opposte tifoserie. Il vero male italiano, quindi, non è il fascismo che non esiste più, o qualche episodio di ignoranza o violenza metropolitana che nessuno giustifica, ma il pregiudizio. Pregiudizio verso la libertà di pensiero, verso le idee non conformi, verso tutto ciò che si oppone al pensiero unico.
Il vero fascismo è la sindrome di Voltaire: di chi si ritiene l'incarnazione religiosa del bene, della democrazia, della cultura. Ci sono due modi per essere fascisti diceva Ennio Flaiano: essere fascisti e antifascisti.
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