Un viaggio «folle» in cerca della pazza gioia

di Paolo Virzì con Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Tommaso Ragno

Ha tante anime e diverse letture questo road movie al femminile che parte dalla pazzia (ma esiste ancora una normalità?), incrocia commedia e dramma, per virare sul sentimento materno, in un viaggio che prova a raccontare (anche) le strutture psichiatriche post Basaglia e analizza, indirettamente (non sarebbe il solito Virzì), il ventennio berlusconiano. Non senza qualche punta acida verso l'ex Premier, per schiacciare l'occhio alla sua platea di riferimento di sinistra (tutti tengono famiglia), come quando, all'inizio del film, il personaggio di Beatrice Morandini Valdirana si lamenta con un «basta con la magistratura ad orologeria, con le toghe rosse, ha ragione il Presidente», sentendosi rispondere: «non è più Presidente, per fortuna». La pellicola, però, la si ricorderà solamente per la bravura delle due protagoniste, tanto da far dimenticare velocemente questo suo marcare il territorio. Scritta a quattro mani dallo stesso Virzì e l'Archibugi, il film deve tutto alle interpretazioni di Valeria Bruni Tedeschi (soprattutto) e di Micaela Ramazzotti (l'attrice più brava, in Italia), impressionanti per capacità di immedesimarsi in due personaggi non facili, senza ricoprirli di retorica. Senza di loro, il giudizio non sarebbe così favorevole. Una, la Bruni Tedeschi, è Beatrice, mitomane, vulcanica, aggressiva, logorroica e megalomane, l'altra, la Ramazzotti, è Donatella, disperata, anoressica, accusata di tentato infanticidio e, per questo, privata della tutela del figlio, dato in adozione. Entrambe sottoposte, per ordine del tribunale, a un percorso di recupero in una comunità terapeutica, Villa Biondi, hanno avuto relazioni sbagliate con uomini, per motivi differenti, pessimi, accomunate anche da genitori distanti o inetti.

Lontane come caratteri, ma vicine come amicizia, sviluppatasi, soprattutto, durante una fuga (in cerca del bimbo di Donatella) dall'istituto, nella quale si daranno, a loro modo, alla «pazza gioia», trovando una sorta di equilibrio nella loro vita. Virzì prova a raccontare, con progressista amarezza, il mondo di queste donne e la loro condizione, tracciando, ma solo nelle intenzioni, uno spaccato d'Italia.

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