Prima visione

Noto finora solo ai suoi cari, Gabriel Macht è l’impersonale ma prestante protagonista di The Spirit di Frank Miller, dal quale ci si attendono grossi incassi, imponendo dunque l’interprete attraverso il personaggio, proto-supereroe ispirato dai fumetti di Will Eisner, storielle dove la maggiore suggestione è dovuta agli abiti d’epoca.
The Spirit è destinato a ragazzini, che però ignorano tutto degli anni Quaranta del Novecento, in particolare che siano stati il periodo d’oro del noir, il romanzo verista camuffato da poliziesco. Il personaggio di Macht è così roba di modernariato: un poliziotto di Central City - alias New York -, Danny Colt, creduto morto, sepolto vivo, poi disseppellitosi da sé. Il Lazzaro in questione è detto, dal volgo, The Spirit e vanta una feroce identificazione con la sua città. A separare i tratti del prima da quelli del dopo la «morte» di Colt sono l’esigua maschera e la capacità di rimarginare le ferite, anche senza le assidue cure della fidanzata d’un tempo, il medico Ellen Dolan (Sarah Paulson). Il cattivo è Octopus (piovra), ovvero Samuel L. Jackson, anche lui abbastanza indistruttibile e assistito da Silken Floss, ovvero Filo di seta (Scarlett Johansson).
Vi siete già persi fra i nomi? Restate a casa, perché sono solo la metà di quelli ricorrenti nel film, che Miller ha reso corale e oscuro (in ogni senso) come Sin City, da lui scritto, a partire dai propri fumetti, per Robert Rodriguez. The Spirit è una somma di effetti speciali all’ultima moda posti sullo sfondo glamour di quando Eisner pubblicava le sue coloratissime tavole; Miller invece rende tutto nero e grigio, lasciando, di rosso, solo la cravatta di The Spirit.
Applicato questo arbitrio rispetto al fumetto, Miller ne compie altri, serenamente. Nessuna razionalità in quanto si vede sullo schermo: siamo dunque all’insegna del postmoderno.

Non si deve capire o seguire la storia, ma solo restarne impressionati. E, se il film durasse un’ora, ciò avrebbe un senso; invece sfiora le due, in base al principio quanto mai non-glamour che molta quantità sopperisca a poca qualità.

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