Le avventure dell'uomo che sognava di essere James Bond. E anche le disavventure, quelle che all'Agente 007 non capitano mai, lui al massimo ha qualche contrattempo se una bionda lo trattiene troppo sotto le lenzuola o se, inceppandosi l'amata Walther ppk è costretto a neutralizzare il cattivo a colpi di arti marziali. Questo è quello che troverete in Fleming Essere James Bond , la miniserie in 4 episodi prodotta da BBC America e Sky Atlantic UK che in Italia arriverà il 2 settembre (ogni martedì alle 21,10 su Sky Atlantic HD). E davvero è uno dei pochi casi in cui il creatore, quanto a fascino, ha poco da invidiare alla creatura letteraria, perché Ian Fleming, per quanto afflitto dalle dure leggi dell'esistenza reale - che impediscono di disarmare cinquanta nemici contemporaneamente, di avere una donna al secondo, o di guidare un'auto con le mitragliatrici nei fari - fece di tutto per vivere la propria vita esattamente come un eroe da romanzo.
Classe 1908, rampollo di una danarosa famiglia di origine scozzese (dato biografico che trasmetterà anche a Bond) aveva perso il padre, deputato conservatore, nella Prima guerra mondiale. Sua madre Evelyn si mise d'impegno per trasformare il genitore morto in un fantasma incombente. Non bastasse, il fratello maggiore di Ian, Peter, era un rullo schiacciasassi. Peter fu brillante studente a Oxford, giornalista del Times , inviato in luoghi sperduti del mondo. E ovviamente scrittore, negli anni Trenta di grande successo. Se a questo si aggiunge che sposò una famosa attrice si capisce quanto il giovane Ian masticasse amaro. Di fronte a una simile competizione, decise di autoproclamarsi pecora nera.
Ne nacque una lunga serie di colpi di testa, di ozi, di bevute e di seduzioni femminili. Tutte a scapito del patrimonio familiare. Così nel 1921 fu cacciato da Eton (ops, come si apprende in Si vive solo due volte , succede anche a Bond) per una tresca con una ragazza. Non andò meglio con l'Accademia Militare di Sandhurst. Si rifiutava di usare il termine «signore» con gli ufficiali. Ma il ragazzo ribelle qualche dote l'aveva. La madre, esasperata, nel 1928 lo mandò in Austria, a Kitzbühel, dove Ian si appassionò allo sci e all'alpinismo, attività che ricorreranno sovente nei racconti di 007. Ne cavò anche un buon tedesco che assieme a letture onnivore e sporadiche presenze in università bavaresi lo aiutarono a diventare un collaboratore (svogliato) della Reuters. Un giorno intervistava Goebbels, l'altro rifiutava di andare a Shanghai perché la paga prevista secondo lui era inadeguata: «non basta nemmeno per comprarsi l'oppio».
Proprio in questa fase ce lo presentano gli inizi della serie tv, che usa il meccanismo del flash-back per farci vedere contemporaneamente il Fleming del '52 che scrive Casino Royale , nella sua tenuta Goldeneye in Giamaica e quello anni Trenta. Su questa pigrizia dorata però piovono un disastro e tre donne. Il disastro è la seconda guerra mondiale di cui Ian, nella serie interpretato da Dominic Cooper (il classico bello con la faccia da schiaffi), vorrebbe non occuparsi. Ed eccoci al terzetto femminile. Muriel Wright (interpretata da Annabelle Wallis) è una ragazza vitale, ribelle e sensuale con la quale Fleming avrà una rovente relazione e che verrà uccisa durante un bombardamento: diventerà il prototipo di tutte le Bond-girl. Ann O'Neill (sullo schermo Lara Pulver), femme fatale , dopo altri due matrimoni diverrà la moglie di Fleming; sarà lei a dare una spinta di ambizione allo scrittore: per far colpo su una donna simile non poteva limitarsi al ruolo del play boy ragazzino. Infine la madre Evelyn che pensando alla guerra come a un'occasione da cogliere, fa una telefonatina a un suo vecchio amico che di nome fa Winston e di cognome Churchill. Ci pensa lui a imbarcare Fleming nei servizi segreti della marina al servizio dell'ammiraglio John Henry Godfrey. Fra le spie, per la prima volta Ian si troverà a proprio agio. La sua capacità di infrangere le regole diventa un pregio, la sua fantasia uno strumento per inventare stratagemmi, la sua cultura disordinata ma varia un potente mezzo di analisi, la sua faccia tosta da play boy una risorsa fondamentale.
Non sarebbe giusto rovinare la sorpresa allo spettatore raccontando tutte le avventure (vere) di questa spia che diventerà scrittore. Basti dire che la serie, come quasi sempre quando c'è lo zampino della BBC, è perfetta dal punto di vista dei costumi e della regia. Quanto alla realtà storica dei fatti, Fleming l'adorerebbe. Tutto vero ma tutto rivestito da una patina avventurosa e sexy. Quella che ci avrebbe messo lui. Essendo una serie e non un documentario, si può dire che non guasta.
Anche il fatto che Dominic Cooper somigli per nulla allo scrittore che interpreta conta poco. Incarna perfettamente lo spirito dell'uomo, lo enfatizza e lo esaspera ma senza mai diventare grottesco. Anche perché il grande correttivo della serie è l'ironia.
In una scena memorabile, forse non vera ma verosimile, il giovane Fleming chiede un vodka-martini à la Bond. Dopo che ha dato tutte le indicazioni, compreso il famosissimo «mescolato, non agitato», il barman sorride: e gli pianta in mano una birra. Ma lui non demorderà nel sognarsi 007.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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