Tra Wagner e Liszt uno scambio di lettere che illumina l'opera

L'ungherese ne fu il primo direttore nel 1850: "L'orchestra è l'eco del cuore dei personaggi". Il compositore tentato dall'autocensura. Stasera a Milano la prima della Scala

Tra Wagner e Liszt uno scambio di lettere che illumina l'opera

«Un ampio velo ovattato di melodia, un etere vaporoso si allarga per consentire all'immagine sacra di rivelarsi ai nostri occhi profani». A quale immagine allude il primo esegeta del Lohengrin di Wagner, cioè Franz Liszt, estasiato dal magico velario di note evocato all'inizio del Preludio dai violini divisi che persistono eterei nel registro più acuto? Per Liszt, Wagner immaginava un edificio sacro, la cui visione va illuminandosi con progressione dinamica fino a un abbagliante fulgore per estinguersi in un mistico pianissimo. Il Preludio sintetizza il soggetto del libretto che Wagner ricavò dall'epopea cavalleresca del trovatore Wolfram von Eschenbach, cantore delle gesta di Parsifal e dei cavalieri che custodiscono il Santo Graal. Attorno alla reliquia è stato costruito un tempio, evocato nella musica, presso la montagna di Monsalvato (in Aragona? in India?). Solo pii e gloriosi servitori possono giungervi, perché la vista del Graal è consentita a chi abbia compiuto atti di valore e di santità. Su Monsalvato regna Parsifal. Lohengrin è suo figlio.

«Questo Preludio - narra Liszt - è una specie di formula magica che, come una misteriosa iniziazione, ci prepara alla comprensione di cose inconsuete, aventi un significato che trascende la nostra vita terrena. Racchiude in sé e rivela l'elemento mistico sempre presente e sempre nascosto nell'opera: segreto divino, forza soprannaturale, legge suprema del destino dei personaggi e della successione degli eventi cui stiamo assistendo». Liszt diresse la prima esecuzione (1850) al Teatro Granducale di Weimar, scegliendo le celebrazioni centenarie di Goethe. Nel contempo sostenne economicamente il collega-amico, bandito dalla Germania per aver preso parte ai moti del '48. Nel carteggio fra Liszt e Wagner si coglie l'entusiasmo frustrato del compositore al quale non fu consentito assistere al battesimo della sua creatura. Nel timore di un rinvio o di altri ostacoli, Wagner sollecitò il taglio della sublime seconda parte del racconto di Lohengrin nel terzo atto. Poi, annusata la vittoria, cambiò idea. Nessun taglio: «non si chiama vincere venire a patti con il nemico; e il nemico sono la pigrizia e l'indolenza». Liszt obbedisce con ferma dedizione, aggiungendo umilmente: i passaggi in «terzine - l'osso più duro per gli strumenti ad arco: procurerò che ne sieno saltate il meno possibile».

Con Lohengrin la «riforma» drammaturgica di Wagner si mostra in tutta la sua audacia. Egli ribalta la tradizionale supremazia dei cantanti. «Wagner - scrive Liszt - rinuncia solennemente a prendere in considerazione le abituali esigenze della prima donna. Per lui non esistono cantanti, ma soltanto parti». Così la perfida Ortruda può stare nel primo atto senza cantare. E non ci si aspetti di trovare cabalette o pezzi staccabili a uso dei dilettanti, perché i personaggi «sono dominati dalle loro passioni e non si dedicano al passatempo del vocalizzo», affinché il canto non ostacoli il procedere dell'azione drammatica, ma lo renda più efficace. Anche il rapporto parola-musica è parimenti trasformato. I personaggi declamano con semplicità, «ai limiti del sublime», mentre la musica di Wagner, anziché ridurre il proprio ambito, amplia i suoi confini. «L'orchestra s'incarica di riflettere l'animo, le passioni, i sentimenti, diventa l'eco dei loro cuori: sentiamo le grida dell'odio, la rabbia della vendetta, le tenerezze dell'amore, l'estasi dell'adorazione». Anche il coro è oggetto di particolari cure. «Descrive la curiosa sorpresa degli uni, la fervida e ingenua fede espressa dallo stupore degli altri, il terrore di alcuni e il rapimento di altri».

Poi ci sono le «melodie» - ancora non si parlava di motivi conduttori -, motivi ricorrenti, come quello di Ortruda, che «percorrono l'opera simili a un serpente velenoso che si attorciglia intorno alla propria vittima, altri come quello del preludio ritornano raramente in presenza delle supreme rivelazioni divine». Per intere generazioni, soprattutto in Italia, il Lohengrin sarà il Nuovo Testamento della Bibbia wagneriana. Ne attendiamo fiduciosi, questa sera, se non la rivelazione, la conferma.

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