Un terzo del budget Scala proviene dagli sponsor. È «la cifra più alta al mondo dopo il Metropolitan di New York», ricorda il sovrintendente Alexander Pereira che sta mettendo in campo stagioni dai grandi numeri. Un occhio a quella di quest'anno: 15 titoli d'opera di cui 9 produzioni (le novità costano), balletti, concerti sinfonici e cameristici, trasferte. Negli anni, i costi scaligeri sono aumentati, ma anche i ricavi: conti sono a posto.
Ricapitolando. Budget di 123 milioni di cui 40 sono i ricavi diretti della Scala, anzitutto dalla vendita di biglietti e abbonamenti, altrettanti corrispondono al contributo pubblico di Comune, Regione e Stato. E più di quaranta milioni sono messi sul piatto dagli sponsor: una cifra importante, e soprattutto in un Paese come il nostro dove l'Art Bonus sta incoraggiando il mecenatismo, ma è giusto un primo passo. Una cosa è certa. Senza gli sponsor, la Scala chiuderebbe, o comunque ridimensionerebbe la stagione, per qualità e quantità. Al contrario, si sta espandendo. Entro il 2021 dovrebbe esser pronto un altro edificio alle spalle della Scala, in via Verdi. Si scaverà per 18 metri e ci si alzerà per 36, per complessivi 17 piani dove collocare sale prove, di incisione, uffici, spogliatoi. Per un teatro destinato a raddoppiare (non appena inizieranno i lavori).
Progetti e numeri che fanno riflettere sulla figura del sovrintendete del nuovo millennio. Deve saper spendere bene i soldi pubblici, ma anzitutto procacciare sponsor e poi motivarli. Lo sponsor non è più il bancomat da cui prelevare e poi riporre dietro le quinte perché menzionarlo è scarsamente elegante. Il mecenate d'oggi vuole essere coinvolto, ama condividere progetti, far parte della vita dell'ente che sta finanziando. Oggi, la forza propulsiva di tante iniziative culturali nasce proprio dal connubio fra arte e sponsor (banche, moda, lusso, automotive), un'iniezione di energia arriva dal privato che paradossalmente finisce per offrire un servizio pubblico. Del resto, mai come ora un'azienda risulta convincente anche se manifesta una sensibilità per il benessere della collettività, se investe le eccedenze nella comunità. Si va da Luciano Benetton che riporta in vita teatri, alla Fondazione Fendi che ha contribuito alla rinascita del Festival di Spoleto, alle Fondazioni Prada, Trussardi, Furla per l'arte contemporanea, quindi Bracco (pro Accademie, restauri). Non mancano gli esempi per fortuna.
Quanto alla Scala, Pereira può contare sull'efficacia di un marchio secolare e sulla risposta del territorio. Quello che lui sovrintende è il teatro nei sogni degli artisti e appassionati di musica, questo non vuol dire che sia il miglior teatro al mondo, ma sicuramente il più leggendario e ambito. Non solo. Orbita in un territorio dove l'imprenditoria è vivace e più reattiva che altrove. Per dire che la Scala rimane comunque un caso nel mondo della lirica, un unicum nel panorama nazionale.
Per gli altri teatri italiani la vita è assai più grama (a tacere di quelli che comunque hanno dissipato ogni tipo di risorsa), ma anche per le istituzioni musicali milanesi che inevitabilmente vivono all'ombra di questo gigante che tutto si piglia.
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