Coronavirus

In 4000 in viaggio con il rischio di contaminare l'Australia

La Formula 1 non si ferma, sperando di correre più veloce del Corona Virus. Domenica gareggia in Australia e una settimana dopo in Bahrain

In 4000 in viaggio con il rischio di contaminare l'Australia

La Formula 1 non si ferma, sperando di correre più veloce del Corona Virus. Domenica gareggia in Australia e una settimana dopo in Bahrain, dove però si svolgerà il primo gran premio della storia a porte o, meglio, ad autodromo chiuso. Il carrozzone della Formula 1 però viaggia con 3.500/4.000 persone a bordo compresi gli steward che devono garantire la sicurezza in pista, con numeri decisamente diversi da quelli che vengono coinvolti per una partita di calcio.

Le cronache parlano di piloti in viaggio con le mascherine, di personale in arrivo dall'Italia sottoposto a esami attenti con tanto di tampone in caso la temperatura superi i 37,5°. È giusto rischiare? È giusto far partire il mondiale con la paura che domani l'Australia si ritrovi contagiata per colpa della Formula 1? Il discorso oggi è molto diverso da quando nel 2001 vennero abbattute le Torri Gemelle e la Formula 1 proseguì con il suo show prima a Monza e poi proprio negli Stati Uniti. Oggi muovere tante persone da una parte all'altra del mondo può provocare la diffusione di un virus che, ormai possiamo dirlo con certezza, è molto più di un'influenza. Viene da pensare che se la Formula 1 si è presa questa responsabilità è perché ritiene di poter controllare tutte le persone che fa viaggiare in giro per il mondo. Viene da sorridere, pensando che non è in grado neppure di controllare se i motori dei suoi concorrenti hanno rispettato le regole.

Mattia Binotto, il grande capo della Ferrari, ha detto «abbiamo il compito di provare a strappare un sorriso o quanto meno di far divertire il pubblico». Vero. Verissimo anche se per i tifosi Ferrari non sarà semplicissimo consolarsi con la Rossa. Auguriamoci che la Formula 1 porti davvero sorrisi e non guai. Non ci resta che fidarci.

Incrociando le dita, dopo averle disinfettate.

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