La sua caratteristica era quella di studiare i punti deboli dell'avversario durante le prime fasi di gara per poi attaccarlo nella seconda parte della corsa. Intelligente ed attento più alla classifica generale che alla singola vittoria, anche dopo aver lasciato le competizioni non aveva mai abbandonato il circo motociclistico in cui gli addetti ai lavori solevano indicarlo con quel nomignolo che per anni lo aveva accompagnato in pista come in strada. Se ne è andata così La volpe, per molti Il cinesino, altro simpatico soprannome attribuitogli dai numerosi sostenitori per le sue caratteristiche fisiche.
Amava parlare delle sue avventure, Ubbiali. Lo faceva volentieri, snocciolando dalla valigia dei ricordi gli aneddoti legati agli episodi più celebri di quelle ardite e lunghe corse disputate tutte d'un fiato, con l'ago della lancetta del contachilometri sempre al limite. Dalla Coppa di Bergamo del 46 al Gran Premio delle Mura dell'anno dopo dove, in sella ad una motocicletta prestatagli dall'allora comandante della Squadra Mobile, ottenne il suo primo grande successo e che - ancora oggi - lo legava a quella rievocazione che si svolge sul circuito cittadino di cui, fatalità, proprio il 2 giugno 2019, fu per l'ultima volta applauditissimo ospite.
Per i sostenitori che ogni anno attendevano il suo arrivo all'Historic Gran Prix, il vincitore restava comunque lui, nonostante quella sopraggiunta squalifica per aver corso da minorenne. Talento precoce, negli anni Cinquanta disputò importantissime gare, non solo nazionali. Seppe sempre mettere in mostra il suo innato talento, conquistando gli spettatori anche all'estero, sul durissimo circuito della Sei giorni del Galles, così come nel Gran premio dell'Ulster ed al Tourist Trophy, sull'Isola di Man. Alla Milano-Taranto del 1950, fu protagonista di una corsa rocambolesca intervallata da noie meccaniche ed altrettante, entusiasmanti, rimonte in classifica che lo portarono al traguardo della Città dei due mari stremato e sospinto dalla folla a causa dell'ennesima ed imprevedibile rottura. Sebbene quell'aiuto fosse giunto contro la sua volontà, anche in quel caso arrivò una squalifica. Il destino sembrava davvero essergli contro, ma dall'anno seguente invertì radicalmente quell'infausta tendenza, lanciandolo verso la conquista di nove campionati mondiali di velocità in sole dieci stagioni (otto i titoli nazionali) per un totale di 39 vittorie in 74 Gran premi disputati. Numeri da brivido, ottenuti in un decennio in cui le tragedie nelle competizioni su strada erano all'ordine del giorno.
Passato dalla Mondial alla MV Agusta - a cui rimase legato fino al termine della carriera - decise di ritirarsi dopo la morte del fratello Maurizio, suo consigliere e tecnico personale. Lo fece anche per la voglia di sposarsi e tornare nella sua città e per la consapevolezza dell'inconciliabilità tra la vita di un pilota e quella del buon padre di famiglia.
Insignito il 16 dicembre scorso della massima onorificenza sportiva rilasciata dal Coni, si è spento nella sua Bergamo, dove era ricoverato dallo scorso mese per problemi respiratori. Verrà certamente ricordato tra i piloti più vittoriosi di sempre, sul podio con Valentino Rossi e quel Giacomo Agostini che lui stesso introdusse alla corte del conte Agusta e che oggi lo ricorda commosso.
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