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Aggrappati all'isola scalammo il Messico

Nel '70 con i grandi rossoblù dello scudetto: da Albertosi ai gol di Gigi Riva

Aggrappati all'isola scalammo il Messico

La sarcastica fantasia di un giornalista belga riempì di soddisfazione Gianni Brera. Si sentì dire: «L'Italie ce n'est pas une équipe, c'est une caisse a épargne». «L'Italia non è una squadra, ma una cassa di risparmio». Per un cultore del calcio sornione piuttosto che sbruffone, era un complimento. Si parlava della nazionale montata fin sulle alture di Puebla in Messico, anno di grazia e di grazie GigggiRiva 1970. Il belga ci aveva quasi preso: quella squadra era fondata sul banco di Sardegna, inteso come difesa solida e attacco trascinato da un fenomeno: figli della Cagliari ammantata di bandiere, sole e scudetto, prima e unica volta per ritrovare un gruppo così forte. Italia aggrappata a un'isola? Si, vero. Sulle cartoline andava di moda la scritta: Sardegna pittoresca. Poi, però, c'era l'altra: quella di Albertosi e Cera, Niccolai e Domenghini, Bobo Gori e appunto Gigggi Riva, che segnò la presa di potere azzurro grazie allo scudetto conquistato. Squadra costruita da una dirigenza, il trio Arrica, Bellu, e il filosofo Scopigno, furba ed avveduta. Lo stadio Amsicora era la patria dei gladiatori, mentre il trio giocava sempre in trasferta: convinse la Fiorentina a liberarsi di Albertosi. Fece felice Fraizzoli fornendogli Boninsegna in cambio di Domenghini, Gori e Poli. Madame Fraizzoli non frenava la lingua e Domenghini non apprezzò quando lei strepitò che valevano più 10 minuti di Corso che un'ora e mezza delle sue. Sarà stato così, ma in quell'estate Corso se ne rimase in Italia e Domingo partì per il mondiale in Messico.

Nella prima partita contro la Svezia, giocavano mezzo Cagliari e mezza Inter (Burgnich, Facchetti, Bertini, Mazzola Boninsegna) in aggiunta De Sisti. Lo scudetto sardo parlava nei numeri: 45 punti, 42 gol segnati, solo 11 subiti. Riva realizzò 21 reti, altre 8 per la qualificazione a Mexico 70. Mondiale con storie di campo e dietro le quinte che fanno ancora epoca. Albertosi venne preferito a Zoff proprio per contare sul blocco difensivo cagliaritano. Cera era libero di grande stile e senso tattico: un centrocampista poi retrocesso. Niccolai, stopper con il senso del thrilling, finì steso dallo svedese Kindvall: una fortuna per baby face Rosato e per il ct Valcareggi. Domenghini era il solito Rambo e segnò il gol vincente alla Svezia. Infine Gigi Riva nostro matador, silenzioso conducator. In panca stava Bobo Gori, figlio del Pietro gran ristoratore milanese, che giocò sei minuti contro il Messico.

Poi verranno quelli di Rivera, ma questa è un'altra storia.

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