Agnelli e Lady B. attacco al (Ta)vecchio

Agnelli e Lady B. attacco al (Ta)vecchio

La strada da percorrere la indica il presidente del Coni Malagò, spettatore attento della corsa alla poltrona lasciata libera in Federcalcio da Giancarlo Abete. «Meglio una candidatura che abbia il più alto consenso possibile», così il numero uno dello sport italiano. Il compito delle parti sarà ora quello di trovarla, in una volata che durerà tre settimane.
Carlo Tavecchio, che ieri ha incassato l'endorsement del suo mondo (la Lega dilettanti), è l'unico nome sicuro. Anche se prima di formalizzare l'investitura - lo farà a poche ore dal 27 luglio, deadline per la presentazione delle candidature - farà un giro di consultazioni con le altre componenti federali. In particolare si guarda all'indirizzo politico della Lega trainante, quella di A. Ieri intanto ha dovuto schivare con cura («in questo momento non raccolgo altre fibrillazioni...») le nuove frecciate arrivate da Barbara Berlusconi e Andrea Agnelli.
E se l'amministratore delegato del Milan insiste sul fatto che «servono idee, non logiche delle tessere e da Dc della prima Repubblica», va giù ancora più duro il presidente della Juventus, ospite di un convegno alla Camera sull'impatto economico dello sport: «Il mio candidato ideale? Si sa benissimo chi non si vuole e chi invece serve. Nell'Uefa e nell'Eca abbiamo Platini e Rummenigge, tutti riconoscono loro immediata autorevolezza calcistica. E lo stesso accade alla Juve con Nedved. Farei fatica a immaginare la stessa cosa con Tavecchio, che ha un forte supporto di Carraro e quindi sappiamo che ha un forte supporto di un sistema che viene da lontano». Una sorta di sfida a Lotito e a Galliani, un messaggio chiaro di chi a via Allegri porterebbe un ex calciatore. «Albertini? Questo non lo dico io, ma corrisponde senz'altro all'identikit, così come può essere Cannavaro, Vialli e Costacurta. Guardiamo alla generazione di giocatori che hanno giocato a cavallo degli anni 2000. Ed è importante la classe dirigente che li accompagnerebbe in questo percorso, da solo nessuno riuscirebbe a cambiare la Figc attuale e ad apportare le riforme».
La posizione di Agnelli, che attacca anche Abete e Prandelli («dimissioni irresponsabili, si sono smarcati nel momento di bisogno e poi il tecnico ha felicemente sposato la Turchia che ha una pressione fiscale minore, mentre Abete dovrebbe lasciare anche le cariche internazionali...»), è condivisa da alcuni club della Lega di A - pochi per la verità, si punta a tirare dentro anche quelli neopromossi, ma servono 14 voti su 20 per esprimere un candidato -, e da allenatori e calciatori che vedrebbero bene la figura di Albertini, che continua però a tirarsi fuori dalla contesa.
Uscirà fuori un altro nome di prestigio? C'è chi spinge per Maldini (per ora lontano) mentre sono da escludere le suggestive ipotesi Tardelli, Del Piero e Baggio, con quest'ultimo che ha chiuso male la sua breve esperienza in Figc. La sensazione dunque è che al momento Tavecchio resti in vantaggio. «Non abbiamo molto tempo, trasformare l'assemblea dell'11 agosto, che doveva essere tecnica, in una elettiva è stato scorretto», così Andrea Agnelli. Che ieri ha parlato lontano da occhi indiscreti con il presidente del Coni Malagò, confrontandosi su questa fase delicata. «Il lavoro di presidente federale è un super fulltime job con un'indennità da 36mila lordi che i burocrati devono ancora sdoganare - così Malagò -.

Chi lo può fare? Un benestante, un pensionato o uno che ha interessi, per dirlo in maniera elegante. Anch'io avrei in mente tanti potenziali presidenti, ma con queste premesse chi si avvicina? Chapeau a dirigenti come Platini e Rummenigge, ma loro hanno messo da parte qualche soldarello nella loro carriera...».

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