Sanremo Nella città della musica vince per acclamazione il più rock dei corridori. Un bel volto da frontman. Occhi vispi e sorriso accattivante: ha il ritmo nel sangue. Scatta in bici a tempo di musica, anche perché il tempo lo sa cogliere come pochi. Julian Alaphilippe vince la Sanremo con un assolo nel finale. Una volata a ranghi ristretti senza storia che nella storia ce lo porta di diritto. A soli 26 anni centra la prima corsa Monumento, ma non bisogna essere Nostradamus per prevedere il futuro di questo ragazzo transalpino, che ama la musica rock e suona la batteria.
Le suona a tutti Julian, con il sorriso sulle labbra. Suona la batteria, passione che gli è stata trasmessa dal papà che faceva il direttore d'orchestra. Viene da Montlucon, il paese di quel Roger Walkowiak che vinse a sorpresa il Tour 1956 grazie a una fuga-bidone. «Se mi sento un corridore per le corse a tappe? Intanto fatemi vincere qualche classica di un giorno, ho voglia di togliermi qualche bella soddisfazione aveva detto qualche giorno fa alla Tirreno Adriatico, dove ha vinto due frazioni -. Se poi sarò anche adatto a corse a tappe brevi o di tre settimane, si vedrà».
Ieri si è fatto vedere e bene. Volata di testa: nel senso che esegue alla perfezione quello che un corridore deve fare dopo quasi sette ore di sella e lo fa prendendo in mano la situazione, con sfrontata sicurezza e personalità. «Sapevo che questa sarebbe stata la mia grande occasione e non potevo lasciarmela sfuggire ha spiegato il transalpino che ha riportato in Francia la Sanremo a tre anni dalla vittoria di Aranud Demare -. Sentivo la fiducia della squadra, sentivo le mie gambe belle piene. Ho sentito il peso della storia e adesso ancora non mi capacito di quello che sono riuscito a fare».
È tipo imprevedibile e versatile. Atleta duttile e fantasioso. Maglia a pois del Tour con successi in tappe di montagna, re di Freccia Vallone («Ma le Strade bianche sono più dure») e San Sebastian, il Mondiale di Bergen (2017) sfiorato, 2° a Lombardia (2017) e Liegi (2015), 3° alla Sanremo 2017. «Mi paragonano a Paolo Bettini: io penso di essere più forte di lui in salita, ma forse sono meno veloce. In ogni caso Paolo ha vinto tantissime corse importanti, e io sono solo all'inizio. Adesso come lui ho la Sanremo».
In dieci si presentano in via Roma per la volata, non in cinquanta. Altro che corsa per velocisti, scontata e prevedibile. Corsa per campioni e i velocisti, quelli veri, tutti dispersi: dal nostro Elia Viviani al colombiano Fernando Gaviria, passando per Caleb Ewan e Alexander Kristoff.
Era il grande favorito della vigilia, proprio per aver vinto fin qui la bellezza di sei corse, e tra queste la Strade bianche e due tappe alla Tirreno-Adriatico. Ed è in fatti Julian a scatenare la bagarre sul Poggio. Il francese parte secco, ma su di lui si porta come un falco Peter Sagan. I due portano via un gruppetto, lungo la discesa rientra come un falco anche Nibali. L'ultimo disperato tentativo per anticipare la volata è di Matteo Trentin, che ci prova con tutte le sue forze. «Non sono pentito: non avevo altra scelta», dirà il campione d'Europa.
La volata è incerta solo all'apparenza.
Molti si aspettano il colpo letale di Sagan, altri del campione del mondo Valverde. Poi c'è Kwiatkowski, che sa già come si fa. E invece ecco Alaphilippe: volata di testa e vittoria braccia al cielo, con assoluta ferocia e facilità. «Ora non mi voglio più fermare». Le sue parole sono un avvertimento.
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