Allegri ritrova il gioco ma è una banda del buco

Il Milan a Udine non merita la sconfitta, però cade un'altra volta e chiude in 9 per due espulsioni. Terzo ko in 4 turni. Si salva El Sharawy. Zapata e Boateng sciagura

Allegri ritrova il gioco ma è una banda del buco

I numeri inchiodano il Milan e Allegri, la prova calcistica proprio no. Così, per una volta, è possibile separare i fatti dalle prest­a­zioni e dar conto degli uni e delle altre senza farsi condizionare soltanto dalla classifica. I fatti sostengono un concetto elementare ma spietato: il Milan è in crisi nera, profon­da, mai vissuta forse nella sua ultracentena­ria carriera. Tre sconfitte su quattro partite, le prime 4 del campionato, sono un deficit difficilmente riscontrabile in circolazione. E la sua posizione nelle retrovie della classifi­ca non è un mistero gaudioso. I numeri, nel calcio, sono spesso brutali ma inconfutabi­li. Troppe e ripetute le disattenzioni difensi­ve di marca rossoner­a per non parlare di gaf­fe o addirittura di sfondoni da matita rossa e blu: sul primo gol dell'Udinese il responsabi­le numero uno è Abbiati, autore di una usci­ta da ritiro patente nel codice stradale, sul se­condo Zapata protagonista non solo del pe­nalty poi trasformato da Di Natale ma an­che dell'espulsione per somma di ammoni­zioni che penalizza il Milan ( rimasto in dieci da metà della ripresa e poi addirittura in no­ve negli ultimi dieci minuti della sfida), per non citare altri episodi che testimoniano di una fragilità emotiva ma anche fisica e tatti­ca da colmare al più presto. Proprio la pre­senza di Zapata sembrava aver restituito, nella prima parte del viaggio, la sicurezza d'altri tempi: impressione fasulla, smentita dalle successive sbavature (il primo giallo del colombiano) personali e collettive.

Pur con questi buchi nel paracadute, il Mi­lan r­iesce comunque ad atterrare sulla parti­ta e a riprendere il comando del gioco, come in avvio di sfida quando è in grado di appa­recchiare almeno tre golose occasioni da gol sprecate per un soffio (El Shaarawy e Paz­zini gli autori). Lo fa con l'autorevolezza che serve in circostanze del genere. Con una cor­rezione del centrocampo in palese difficol­tà (Ambrosini e Nocerino mai utili, Ema­nuelson emarginato) e con il talento balisti­co del suo miglior attaccante, El Shaarawy. È un ragazzino, d'accordo, di appena 19 an­ni, ha sufficiente cifra tecnica e anche corag­gio e voglia di sfondare per meritarsi i galloni da titolare. Il suo gol è una prodezza da segnalare. Nel mo­mento migliore, subito dopo il pareggio della ripresa, il Milan viene pugnalato alle spalle prima da Zapata e poi da Boateng: il primo procu­ra il rigore, il secondo, appe­na arrivato al posto di Ambrosi­ni, con interventi inutilmente vee­menti, si fa espellere lasciando la com­pagnia in nove unità.
Ed è qui che il Milan of­fre il meglio del pomeriggio con una reazio­ne degna di miglior epilogo. Anche l'inter­vento di Bojan, pur ridotto a pochi minuti, è la conferma che il cuore del giovanissimo Milan batte ancora e promette un futuro me­no avvilente e complicato.

L'Udinese di Guidolin meriterebbe un monumento. Perché dopo tre anni di stenti riesce a piegare la resistenza del Milan, per­ché non subisce la maledizione dell'Europa league, perché tira fuori dal cilindro dello spogliatoio un giraffone di colore, prove­niente dalla Svezia che è poi l'hombre del partido , Ranegie, già utilizzato giovedì scor­so con successo dal tecnico. Sul conto del quale è meglio concentrare gli elogi non tan­to riferiti alla partita - quelli vanno e vengo­no come le nuvole cantate da Fabrizio de An­drè - ma sull'episodio di fair play del secon­do tempo: giocatore del Milan (Abate) a ter­ra, i friulani proseguono e guadagnano l'an­golo, Pasquale invece di batterlo, su ordine della panchina, mette la palla fuori. Tanto di cappello, signori miei.

Utilissima anche la correzione tattica al sistema di gioco fir­mata da Guidolin dopo i primi 15 minuti: con Emanuelson e El Shaarawy schierati ai fianchi di Pazzini, il Milan apparecchia co­modamente almeno 3 palle- gol. A quel pun­to è indispensabile passare a 4 e chiudere gli sbreghi sui lati. Questo si chiede ad un alle­natore: che sia un maestro di vita e anche un ottimo professionista. Qua la mano, France­sco.

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