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Aspettando Guardiola: la Germania è pronta a sorpassare la Spagna

Da Stielike a Ozil, quanti tedeschi esportati a Madrid. Ma la crisi ha già fatto scattare l'inversione di tendenza

I numeri non sono aridi ma bastardi. Controllate la tabella e capirete perché la Spagna ha un rapporto privilegiato con la coppa dei Campioni. Real Madrid e Barcellona portano il Paese in testa alla classifica parziale, cioè delle semifinaliste, 57 volte complessivamente contando anche gli altri club spagnoli, con una percentuale del 24%. E la squadra di Messi ha stabilito il record di sei semifinali consecutive, superando il Real che, ovviamente, ancora contesta quelle due sfide orribili del Sessantuno, negli ottavi: al Bernabeu finì 2 a 2 con il pareggio su rigore dei catalani firmato da Luis Suarez, tra le proteste madridiste con l'arbitro inglese Ellis, nel ritorno al Nou Camp, accadde di tutto, finì 2 a 1 per il Barcellona, arbitro ancora inglese, mister Leaf che annullò tre gol al Real Madrid, Del Sol, Pachin e Di Stefano fermati da inesistenti offside e un quarto gol fantasma non convalidato. Se ne parla ancora dopo mezzo secolo e il sorpasso di ieri ha riacceso la polemica.

Il distacco dal paese secondo in lista è notevole, 38 presenze in semifinale degli inglesi con un dato percentuale del 16% ma non si deve trascurare il fatto che la tragedia dell'Heysel portò fuori dalla coppa per cinque anni l'Inghilterra e dunque il dato relativo non può essere completo. Dovremmo essere fieri di superare la Germania con le nostre 33 presenze contro le 25 dei tedeschi ma è roba che appartiene al passato prossimo, quasi remoto.

Qui si fanno i conti con una nuova realtà, la Liga e la Bundesliga offrono il meglio in circolazione (insieme con la Premier inglese) e a conferma di questa nota è arrivato lo scoop, inatteso davvero, del passaggio al Bayern di Monaco di Pep Guardiola, artefice della rivoluzione catalana. La Spagna non naviga nell'oro, le nuove leggi fiscali hanno appesantito il Paese, la Germania di frau Merkel finge di essere la locomotiva di un treno che va a zig zag per il continente ma il calcio viaggia su altri binari.
Tra spagnoli e tedeschi c'è sempre stata una sorta di relazione tecnica e fascinosa: da Breitner a Netzer, da Stielike a Bonhof, da Schuster a Illgner a Metzelder, a Ozil e Khedira e tutti nei club più importanti, Real Madrid in testa, non dimenticando la vittoria in coppa dei campioni, da allenatore del Real, di Heynckes.

La Germania ha vissuto di luce propria, per anni ha preferito pescare nel mercato basso, privandosi addirittura dei migliori elementi al punto che la nazionale campione del mondo nel 1990 a Roma contava cinque elementi, Brehme, Berthold, Matthaus, Klinsmann, Voller, che giocavano nel nostro campionato e altri tre che sarebbero emigrati dopo il mondiale. Real Madrid e Barcellona hanno sempre venduto i propri campioni stranieri piuttosto che i calciatori spagnoli costruiti in casa. Ma la storia di quest'ultima edizione della Champions suggerisce una sola considerazione: soltanto le squadre che hanno a disposizione un grande (o più) attaccante di valore possono avere ambizioni di vittoria.

Messi (ottimista dopo i test fisici di ieri: «In semifinale ci sarò»), Ronaldo, Lewandowski, Robben, Ribery, Muller in qualunque altra squadra eliminata avrebbero fatto la differenza anche se l'uscita di scena del Paris Saint Germain (senza sconfitte nel doppio confronto con i catalani) e del City di Manchester conferma che, comunque, la fortuna non sempre aiuta gli audaci.

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