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Barcellona la città santa per il Milan dei campioni

Champions League, domani la super sfida tra Milan e Barça. Eccellenti i rapporti diplomatici fra i due club: scambio di successi e numeri uno. Per i blaugrana fatturato altissimo, ma bilancio in rosso

Barcellona la città santa per il Milan dei campioni

Per il Milan di Silvio Berlusconii e il suo popolo in amore, Barcel­lona è da sempre considerata la città santa. Fu nella capitale cata­lana, estate dell’86, a pochi mesi dall’acquisto del club, «un affare di cuore», che il Cavaliere comin­ciò a comporre il magico puzzle rossonero. Al seguito del Milan di Liedholm né scoprì i difetti persi­no contenuti nella dieta alimenta­re inadatta a una squadra di cal­cio, ma poi ebbe occhi solo per le trecce di un gigante color ebano, olandese, Ruud Gullit, schierato li­bero dal Psv Eindhoven. Su quelle spalle possenti, giusto un anno do­po, fondò il Milan che avrebbe stregato l’Italia e l’Europa con un calcio unico e inimitabile.

L’ap­puntamento con la storia, tanto per cambiare, fu a Barcellona, se­de della finale 1989, la prima di una carriera senza limiti, colma di record anzi: la Steaua, la preghie­ra nella cappella del Camp Nou al «dio degli eserciti» e la goleada olandese di Gullit e Van Basten fu­rono il corollario a una processio­ne, 80 mila tifosi che occuparono lo stadio, «una città trasferita in un’altra città». Barcellona è la città del destino berlusconiano, di sicuro. Perché un anno dopo, al cospetto del Barça, Arrigo Sacchi e i suoi vinse­ro la prima supercoppa d’Europa al culmine di un viaggio in aereo avventuroso (la turbolenza all’al­tezza di Marsiglia provocò panico a bordo, Tassotti e Massaro in la­crime, e molti vassoi di caffè rove­sciati sui passeggeri).

E perché nel maggio del ’94, la storia calcistica e politica del Belpaese registrò un curiosissimo intreccio: mentre al Senato Silvio Berlusconi riscuot­e­va la fiducia al suo primo Governo dopo le elezioni del 27 marzo, il Milan in quel di Atene, nella finale di Champions, sotterrava il pre­suntuoso Barcellona di Cruyff con un 4 a 0 spettacolare. Non c’erano nè Baresi, nè Costacurta, squalificati. Chissà se vorrà dire qualcosa per Allegri rimasto privo di Thiago Silva, il suo Ibrahimovic della difesa. Nella semifinale del 2006, qualche mese prima che esplodesse calciopoli, il Milan ca­pitolò a Barcellona dando via libe­ra alla Champions catalana con­quistata a Parigi: Giuly incantò San Siro con un gol suggerito da Dinho, Shevchenko stregò la pla­tea del Camp Nou ma il suo gol venne cancellato da un inspiega­bile fischio dell’arbitro. Fu la spin­ta, ad ascoltare la ricostruzione di Ancelotti, verso la successiva mar­cia trionfale per chiudere i conti col Liverpool, l’anno dopo. I rapporti diplomatici tra Milan e Barcellona sono stati da sempre eccellenti. Numerosi gli scambi di calciatori, a dimostrazione di una affinità elettiva tra i due club.

De­metrio Albertini, prima di lasciare Milanello e la sua maglia a Pirlo, si promise al Barcellona diventan­done uno degli uomini simbolo: il sodalizio con Puyol e Guardiola, il più significativo. Dalla Spagna so­no arrivati in tanti a miracol mo­strare: Ronaldinho, il più coccola­to dall’ex premier, Rivaldo il più amato da Adriano Galliani, Van Bommel adesso, il più stimato da Max Allegri. Ma il più decisivo del plotoncino è ancora e sempre lui, Zlatan Ibrahimovic, l’ultimo arri­vato, voluto al fianco di Messi da La Porta, il presidente che lasciò una voragine di debiti e che ades­so, intervista di Concita De Grego­rio su Repubblica, riconosce in Sil­vio Berlusconi «un gran sedutto­re » e nel Milan di Arrigo Sacchi «un megastore» scommettendo però sul fatto che l’attuale Barça «è più forte». Fu proprio grazie a questo avvocato che vuole darsi al­la politica, che Galliani riuscì a strappare Ibra alla modica cifra di 24 milioni pagabili in 3 rate.

Il suo successore, Rosell, doveva copri­re un buco in bilancio grande così! Barcellona è la città santa per il Milan berlusconiano, il Barça il ri­vale più attraente, capace di far di­re a Galliani, «queste sono le sfide che ci eccitano, non abbiamo avu­to fortuna col sorteggio ma anche loro non sono contenti». E anche di richiamare a San Siro, per que­sto quarto di finale, la bellezza di 300 giornalisti accreditati tra cui 70 fotografi, 20 radio e 45 televisio­ni tra italiane e straniere. Per con­centrarsi sulle scelte da fare, ieri Allegri è partito per una bicicletta­ta di circa 45 minuti.

Chissà se si fa­rà fermato in qualche santuario della zona.

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