«This is for you, Boston». Il trionfo dopo la tragedia. Con la voce rotta dall'emozione, David Ortiz, leader carismatico dei Red Sox, dedica all'intera città lo splendido successo sui St. Louis Cardinals, battuti 6-1 nel sesto e decisivo match delle World Series. E' l'omaggio commosso di un bomber che, facendosi portavoce della squadra di baseball emblema di Boston, ha cercato con i suoi fuoricampo di allontanare i terribili ricordi delle bombe alla maratona del 15 aprile che fecero 3 morti e 264 feriti. «Ne avete passate tante quest'anno. Questo è per voi e per tutte le famiglie che hanno lottato» ha detto Big Papi stringendo tra le mani il trofeo di miglior giocatore delle finali americane.
Una vittoria d'orgoglio quella dei Red Sox, promessa sei mesi fa nel proprio stadio, il secolare Fenway Park, durante una toccante cerimonia pre-partita per onorare vittime e soccorritori, presente il sindaco Tom Menino. Mentre i tifosi avvolgevano il "Green Monster", il muro di 12 metri che delimita il fuoricampo, con un'enorme bandiera a stelle e strisce. Tante le iniziative, un lungo tributo fino alle World Series. Un'esortazione a essere forti. Una squadra unita al grido di battaglia "B Strong". Le ripetute visite dei giocatori ai feriti ricoverati in ospedale, gli inviti rivolti a familiari e volontari per assistere alle partite e scendere in campo per il primo lancio. Negli spogliatoi una maglia appesa con il numero 617, il prefisso telefonico cittadino. "B Strong" con la B di Boston, cucito sulle divise dei giocatori e intagliato sul manto erboso del diamante.
«Quel tragico evento ha caricato la squadra» ha detto l'allenatore John Farrell prima dell'inizio delle finali. L'altra sera, erano quasi in 38.500 al Fenway per l'atteso match che avrebbe chiuso 4-2 la serie con i Cardinals e regalato ai Red Sox l'ottavo titolo della sua storia, il primo davanti al pubblico amico dopo 95 anni. E avranno gioito pure Tom Di Benedetto, consigliere della AS Roma e socio della franchigia di baseball attraverso il Fenway Sport Group (proprietario anche del Liverpool) e James Pallotta, presidente del club giallorosso, nato e cresciuto a Boston. Per conquistare le World Series, le "calze rosse" si sono affidate alle curve dei propri lanciatori tra cui l'asso Jon Lester, che qualche anno fa ha sconfitto il cancro, e a formidabili battitori come l'hawaiano Victorino e il 21enne antillano Bogaerts, nazionale olandese.
Tecnica sì, ma anche un pizzico di scaramanzia. Come ad esempio non tagliarsi la barba. Tutto iniziò in primavera con Mike Napoli e Jonny Gomes che decisero di abbandonare il rasoio.
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