Brema, la tragedia da cui è risorto il nuoto italiano

Nel più grave incidente aereo del nostro sport dopo Superga morirono 7 campioni

Brema, la tragedia da cui è risorto il nuoto italiano

Oggi l'organo monumentale della chiesa di San Martino a Brema, alla presenza di una delegazione della federnuoto italiana guidata dal presidente Barelli e da Manuela Dalla Valle, suonerà per loro, i ragazzi del nuoto italiano che sparirono nella notte di cinqant'anni fa fra i rottami del Convair della Lufthansa che li aveva imbarcati a Francoforte.Andrebbe bene la musica di Vangelis per Momenti di gloria perché ce li teniamo sempre nel cuore quei sette campioni, il loro allenatore, il dolcissimo collega Nico Sapio. Li avevamo salutati festosi alla piscina della Canottieri Olona di Milano. Loro sognavano, noi eravamo agli inizi di questo viaggio nel giornalismo. Una scoperta meravigliosa. Erano l'armonia. La forza di Bruno Bianchi, l'eleganza del Dino Rora, la tenacia di Sergio De Gregorio, la fantasia di Chimisso, la simpatia di Luciana Massenzi, l'arte di Carmen Longo, la rabbia positiva di Daniela Samuele, la nostra farfalla alla Canottieri Milano. Con loro c'era anche Paolo Costoli, la sua arguzia ci aveva conquistato, diciamo che ci siamo innamorati del nuoto con lui prima di imparare tanto dal Castagnetti che ha fatto la grande storia di questo sport, una disciplina colpita al cuore in quella notte del 28 gennaio, rubando una generazione.Fu sofferenza, un colpo che ci ricordava quel giorno terribile di Superga, il grande Torino del calcio, le lacrime di un padre che, come accompagnatore del Milan, aveva salutato Valentino Mazzola e i suoi fratelli all'aeroporto di Lisbona. Purtroppo nella vita, come diceva Cicerone, ci si ricorda delle cose che non vorresti tenere a mente; e non si possono dimenticare quelle che vorresti cancellare dalla memoria.Li salutammo invidiandoli. Avevano il talento, non hanno avuto la fortuna. Certo adesso ce li ricordano le strade, le piscine, gli stadi intitolati al loro nome. Il memorial Brema è qualcosa che va oltre i risultati come ha spiegato bene Francesco Zarzara nel suo bellissimo libro "L'ultima bracciata" scritto andando alla ricerca di quelle vite rubate, una commossa curiosità che lo aveva portato in quella nebbia verso il mare del Nord quando da giovane nuotatore aveva partecipato alla riunione che ricordava i caduti di quel maledetto 1966.Proprio la Massenzi ci aveva raccontato la sua emozione per quel viaggio, sognava il Messico, non la spaventava l'altura, mancavano ancora due anni alle Olimpiadi, ma lei volava, senza sapere che sarebbe stato l'ultimo viaggio.Certo il cuore è una grande necropoli: apriamo i nostri ricordi. Quante tombe. Quando entrammo in Gazzetta, erano le notti senza fine aspettando le dirette dal Messico, i record di Beppe Gentile nel triplo, brevi che il giorno dopo sarebbero state storie. Al telefono gli inviati. Fra questi Aronne Anghileri che di Sapio era amico fraterno, che del nuoto è stato un cantore, lui ci aveva raccontato per primo quella tragedia quando fu Paola Pigni, la grande pasionaria del nostro mezzofondo, studentessa al liceo tedesco, ad aiutare gli stenografi per capire cosa dicevano i tedeschi.Aronne che ci ha lasciato nel momento in cui il suo nuoto italiano stava diventando splendido e splendente, lui e i Dannerlein, lui e Novella Calligaris che prima della Pellegrini fece la storia di questo sport colpito al cuore da quella tragedia.Non è stato facile ricostruirlo, ma ci sono riusciti perché non hanno dimenticato. Sapevano dove avevano nuotato quei campioni rubati dal destino, anche loro avevano un Filadelfia, spesso piscine fatiscenti, dove ricominciare tutto da capo. Oggi a Brema l'organo monumentale deve suonare per i caduti del nuoto, giovani con la speranza nel cuore e con le ali per camminare sull'acqua.

Li abbiamo amati tantissimo, non esiste anniversario senza risentire quelle voci, senza vedere il maestro Costoli con il suo cronometro che lui chiamava la cipolla del diavolo. Per noi sono ancora tutti in corsia. E vanno sempre forte.

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