
L'urlo di dolore che sale da Brescia stride nettamente con la Lombardia felix del pallone, dove alle milanesi si accompagnano brillantemente l'Atalanta diventata grande d'Europa, l'ambizioso Como a trazione indonesiana e la Cremonese, tornata velocemente in serie A. L'urlo di dolore della Leonessa apre però uno spaccato sull'altro calcio, quello mal amministrato, quello che non regge più i conti e gli impegni del professionismo, visto che ogni anno di questi tempi contiamo le squadre che saltano per aria, sempre con qualche vittima illustre. Adesso tocca al Brescia, e la cosa era nell'aria da tempo, ma sconforta vedere la seconda città lombarda sparire dal professionismo per non aver trovato i soldi per pagare gli arretrati fiscali e nemmeno i 350mila euro di iscrizione alla serie C.
Tasse, debiti, emolumenti non pagati, tutto conduce alla chiusura del club del presidente Cellino, una storia gloriosa lunga 114 anni con 23 stagioni in serie A, arrivando ad arrampicarsi fino all'8° posto del 2000-01, ai bei tempi di Carletto Mazzone e del presidente Corioni, di Roby Baggio e Andrea Pirlo, di Filippo Galli, Bonera e Hubner. Brescia che è stata anche la casa di Altobelli e Beccalossi, di Egidio Salvi e Virginio De Paoli, persino di Pep Guardiola e del Ragno nero Cudicini, ma che improvvisamente si vede sgretolare il mondo sotto i piedi, esclusa ufficialmente dal calcio professionistico, in attesa di capire se arriverà in soccorso al capoluogo la squadra di Salò, che con il suo presidente Pasini potrebbe raccogliere i cocci del calcio bresciano e far nascere un nuovo progetto.
È il destino del calcio di provincia, capace di passare dai riflettori alla polvere in poche settimane, una storia che si lega a quella di un'altra gloriosa società, la Spal, che un presidente venuto addirittura dagli Stati Uniti, Joe Tacopina, non ha nemmeno iscritto alla serie C in cui si era salvata a stento. Altra storia che si chiude dopo un secolo di gloria e che potrebbe addirittura ripartire dai dilettanti. Da Brescia a Ferrara un unico dramma sportivo che non può lasciare insensibile chi governa la federazione e pensa magari di approfittare della scomparsa di nobili provinciali per riempire la serie C di seconde squadre delle big. È un altro tema su cui dovrebbe interrogarsi chi governa il calcio, perché l'ultima stagione senza fallimenti di club professionistici è il 1999-00.
Da allora un quarto di secolo di disastri, passati addirittura per Napoli e Firenze, fino ai club saltati quest'anno, non solo Brescia e Spal, ma Alessandria e Lucchese, Ancona, Taranto e Turris, una storia infinita che non risparmia nessuno. O quasi.