Saint-Etienne Restiamo con un pugno di mosche in mano, con un senso di abbandono e di sconfitta, eppure la tappa di ieri - la Mâcon-Saint-Etienne di 200 km - resterà nella storia per essere stata una delle frazioni più belle del Tour de France.
Certo, per noi italiani è una mezza Caporetto. Ne usciamo con le ossa rotte e il morale sotto i pedali. È vero, perdiamo la maglia gialla. Il buon Giulio Ciccone non trova le forze per stare al passo dell'indemoniato Alaphilippe che, come da copione, si riprende l'amata maglia da sfoggiare nel giorno della festa nazionale francese. Questo è un dato di fatto.
Come inconfutabile è che ieri, purtroppo, sulla Côte de la Jailliere, ultimo dei sette colli di una tappa che sembrava un tracciato di un elettrocardiogramma, il nostro Nibali ha staccato la spina. «Non è facile correre Giro e Tour nello stesso anno - ha spiegato Paolo Slongo, da sempre tecnico e allenatore del siciliano -. Vincenzo fin dall'inizio non era convinto di questa accoppiata, e oggi quando è andato in difficoltà, ha chiaramente staccato di testa».
Perso il pezzo più pregiato della nostra argenteria, ci rimettiamo anche il successo di giornata, che accarezziamo con Alessandro De Marchi, al quale tocca il peggior compagno di avventura possibile: il belga Thomas De Gendt. «Oggi c'era poco da fare: era imbattibile», spiega laconico e sfinito il friulano. E non gli si può dare torto al rosso di Buja. De Gendt fa qualcosa di eccezionale. Lancia la fuga al chilometro 0 e, facendo suoi tutti i gran premi della montagna, a 16 chilometro dal traguardo si libera anche del peso di De Marchi e va a trionfare in perfetta solitudine. Chiamatela come volete, ma questa è un'impresa. Il fiammingo, dopo aver vinto al Tour sul Ventoux, e aver fatto centro al Giro sullo Stelvio, aggiunge alla sua personale collezione un'altra perla.
È una grande giornata non solo per il belga, ma anche per il già citato Julian Alaphilippe e il connazionale Thibaut Pinot, ora terzo in classifica. Entrambi i garçons arrivano a soli 6 da De Gendt, ma rosicchiano 26 più abbuoni qua e là a Thomas e compagnia. Tra quelli che possono sorridere e noi con lui, Fabio Aru, uno dei meno considerati del gruppo. Arrivato qui all'ultimo e un po' a sorpresa, il sardo operato il 1° aprile all'arteria iliaca femorale, finisce una tappa monstre con tutti i migliori, che per lui è in ogni caso un grande risultato e una bella iniezioni di fiducia.
È vero, abbiamo perso la maglia gialla, ma Giulio Ciccone è lì ad una manciata di secondi (23). Il corridore abruzzese è giovane, esuberante e ha voglia di fare.
È vero, c'è il peso del Giro in agguato che può farsi sentire da un momento all'altro: ma è ad un passo dalla storia. Sono in molti a ritenere che quella di ieri sia stata per il nostro ciclismo una Caporetto. E se fosse invece un Capodanno?
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