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S erviva armonia, ci voleva il fuoco. Tania Cagnotto costringe il trampolino bizzarro ad ubbidire alla sua voglia di domatrice, spingendo un po' più in là le cinesi, volando e immergendosi come ninfa nell'acqua chiara di Kazan dove ha trovato, finalmente, l'oro mondiale, l'ottava medaglia dal 2005, un viaggio nel villaggio magari non universale dei tuffatori completato a trent'anni, una caccia che le ha imposto regole ferree di vita, viaggi ovunque, allenamenti da monaca zen, anche quando nella sua amatissima Bolzano trovava acqua gelida ed era l'unica a non protestare.

Nata per essere regina in una famiglia dove il mondo si guarda a testa in giù. Madre tuffatrice di livello medio alto, il padre Giorgio campione nato però nel regno di Klaus Dibiasi, un po' come Gimondi con Merckx, l'altro italiano che ha messo oro mondiale al collo fra Belgrado 1973 e Calì 1975. Ha scoperto l'arte ascoltando la musica famigliare: infilarsi nell'acqua senza sollevare tante gocce, spade nella roccia perché, ve lo assicuriamo, tuffarsi tante volte, più in allenamento, dove si sbaglia spesso, che in gara, ti lascia sempre qualche livido.

Lo scoprimmo proprio vedendo suo padre Giorgio Cagnotto alla Canottieri Milano quando, fra una seduta sul tappeto elastico e allenamenti in piscina, si alimentava divorando venti rosette con prosciutto o anche mortadella. Era il numero due dei nostri tuffi, ma preparava qualcosa. Ecco a voi la figlia d'arte, Tania l'artista che nell'ultimo periodo con il padre, diventato direttore tecnico della nazionale, ha scambiato sempre e soltanto sguardi. Per completare l'opera serviva una voce diversa ed ecco Tania affidata ad Oscar Bertone per la cura del particulare, essenziale in gare dove si perde per 10 centesimi come capitò a Barcellona due anni fa contro la He Zi castigata ieri.

Tania spinge avanti la barca azzurra aspettando che un'altra divina come la Pellegrini entri in vasca. Per la Cagnotto oro in una gara non olimpica, la stessa beffa che terrà a casa le fiorettiste campionesse del mondo la settimana scorsa a Mosca.

Non è facile trovare motivazioni a trent'anni in uno sport che ti lascerà ricordi, ma non grandi conti in banca.

Devi avere la musica nel cuore un po' come Carolina Kostner, la nostra pattinatrice d'oro, ma deve essere l'aria di quelle montagne ad ispirarle.

Felicità di cantare l'inno sulle sue lacrime da campionessa del mondo. Si meritava il premio e quando andrà al Quirinale dal presidente della Repubblica porterà il suo sorriso. Ne abbiamo tanto bisogno.

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