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Conte-Marotta, basta espiare. È un titolo che dejuventinizza

Il tecnico aprì la serie bianconera e ora l'ha chiusa: "Non facile venire qui". E l'ad guarda oltre: "Avviato un ciclo"

Conte-Marotta, basta espiare. È un titolo che dejuventinizza

L'inizio e la fine della storia. Antonio Conte aveva ricucito addosso alla Juventus il primo scudetto dopo Calciopoli. Adesso scuce alla Signora il triangolo tricolore dopo una tirannia lunga nove anni. E in un certo senso è giusto così. Da capitan Antonio al nemico Conte. Il processo di dejuventinizzazione si materializza in questa domenica di maggio pochi giorni prima di quel 5 maggio, quando Conte esultava in faccia agli interisti. Poi ci fu l'estate 2014, quella dell'addio. Quindi la Nazionale, poi i blues del Chelsea. In una scala di colori era già scritta la metamorfosi: dal bianco e nero all'azzurro, quindi al blu per finire al nero e azzurro. E nel giorno del trionfo ha detto: «Non è stata una scelta facile venire qui. Anche perché ho giocato e allenato tanti anni nella Juventus... Altri si sarebbero nascosti».

La dejuventinizzazione inizia con la prima conferenza stampa. Domande contingentate, l'invito a non tirare in ballo la Juventus. Conte cuoce a fuoco lento, ma già ammicca ai tifosi nerazzurri con le sue esultanze. E quando alla vigilia di Inter-Juve un articolo ne «prepara» il ritorno a Torino, lui sbotta: «Mi viene voglia di tornare all'estero...». È solo una strategia. Quando a marzo entra in un Allianz Stadium vuoto per la pandemia, perde e male, ma dopo il lockdown la storia cambierà. Finirà secondo alle spalle della Juventus di Sarri, poi i bianconeri staranno sempre dietro. Ora si prepara a tornare a Torino: «Sempre bello da avversario». Ancora di più da campione d'Italia. Lui i bianconeri verbalmente non li affronta mai. La dialettica è quella del basso profilo, ma in realtà sta covando la più tremenda delle vendette. A gennaio la vittoria in campionato dà consapevolezza al gruppo, il doppio confronto in coppa Italia sancisce il logoramento fatale della Signora, che ne uscirà vincente ma a pezzi. Per Conte il dito medio ad Agnelli è il prodromo della cavalcata scudetto. La dejuventinizzazione è completa. Non ci credeva nemmeno Marco Materazzi quando accolse con un benvenuto glaciale l'ex capitano della Juventus.

È lo scudetto di Conte. E la firma ce la mette Beppe Marotta, l'altro grande ex: «Tornare alla Juve? Voglio aprire un ciclo all'Inter...». Dejuventinizzato anche l'ex ad, rimpianto come pochi a Torino. Fondamentale la sua capacità gestionale per smussare gli sfoghi pubblici di Conte tra mercato e società. Sono le sue parole che più fanno paura ai bianconeri.

Conte e Marotta, Marotta e Conte, sanno come gettare le basi di una tirannia. Il tecnico salentino sibila: «Stiamo scrivendo la storia dell'Inter...». Quando vinceva alla Juventus il concetto era più o meno simile: «C'è chi legge la storia e chi la scrive...». Ma a Torino hanno la memoria corta. Andrea Agnelli scrive solo a Zhang: «Ben fatto Steven. Felice per te e orgoglioso di essere un tuo leale avversario in campo e amico fuori. Noi torneremo...». Mentre il club è il primo della Serie A a fare i complimenti. Poi sarà Paratici a ricordarsi di Antonio. Che ricambierà a suo modo: «Ora andremo a Torino a giocarci la nostra partita...». Dribbla il futuro: «Godiamoci la festa».

La dejuventinizzazione è completa anche se quella sul campo è la meno riuscita. Arturo Vidal ha deluso, però il gol alla Juventus ha dato la spallata decisiva. Il cileno a formare una triade bianconera insieme a Marotta e Conte: una Signora trapiantata alla Pinetina dove pure il nutrizionista Matteo Pincella è un ex. Ma il peso specifico di Antonio Conte è incalcolabile, lui che ha smesso di essere juventino sette anni fa. Dal campo neutro di Trieste nel 2012 al divano milanese. La trasformazione è completa.

E questa è un'altra storia.

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