La corsa degli sponsor a chi spende meglio (e di più)

Banche, case automobilistiche, compagnie aeree e telefoniche vanno in gol con le sponsorizzazioni calcistiche. Nonostante gli scandali che a ripetizione stanno coinvolgendo il mondo del pallone - dalle serie minori ai vertici della Fifa - non c'è schema più collaudato e solido per vedere lievitare il proprio investimento.

Lo dicono i numeri e una delle primarie banche italiane, Unicredit, che - dopo sei stagioni consecutive - ha scelto di sponsorizzare per altri tre anni la Uefa Champions League. «I diritti di sponsorizzazione sono stati estesi a tutti i più importanti tornei calcistici europei per club - spiega la banca - diventeremo pertanto banca ufficiale delle Uefa Club Competitions. Nello specifico: Champions League, Europa League, finali Futsal Cup, Supercoppa Uefa, Women's Champions League e Youth League». Un investimento sicuro visto che, numeri alla mano, «nelle ultime cinque stagioni - spiega Unicredit - il ritorno è stato del 225 per cento. Un risultato eccezionale legato al fatto che 15 miliardi di persone hanno visto il marchio Unicredit durante le partite: il 20% dei nuovi clienti è venuto a contatto con Unicredit attraverso la Champions e un altro 20% è stato indirizzato da amici, sempre attraverso la vetrina calcistica. E ancora, abbiamo organizzato oltre 300 campagne, vendendo 1,5 milioni di nuovi prodotti». È quello che accade a chi associa il brand al calcio giocato che tiene incollati allo schermo, e raduna negli stadi, milioni di persone, tutti potenziali clienti. Soprattutto nel caso dell'ambitissima coppa «dalle grandi orecchie», vinta quest'anno dal Barcellona contro la Juve. «Il valore del marchio - continua Unicredit - è ormai affermato. E il nuovo accordo ci consentirà di avvicinare un numero ancora maggiore di appassionati di calcio in tutta Europa, offrendoci più opportunità di vendita e gestione dei rapporti con i clienti», ha dichiarato il ceo Federico Ghizzoni.

Che si parli di sponsor tecnico, di maglia o di un'intera competizione (come nel caso di Unicredit) poco cambia. «La corsa a investire è generalizzata perchè il ritorno è assicurato» commenta un analista di settore spiegando che «in media il valore dell'investimento viene triplicato, anche se è difficile dare un valore esatto perchè sponsor e club tendono a non rivelare le cifre che li lega».

Così per la stagione 2015-16 Adidas e Chevrolet si sono legati, ad esempio, al Manchester United che secondo Sports Direct ha nel numero «7» dell'argentino Di Maria la maglia più venduta della Premier League. E così, Chevrolet pagherà ben 70 milioni di euro (quando Aon ne sborsava 25) e per quanto riguarda il materiale tecnico i 70 milioni di Nike sono stati surclassati dai 94 di Adidas. La Premier inglese occupa anche la seconda piazza della top 10 degli sponsor del calcio in Europa con il Chelsea, che incasserà dal nuovo partner commerciale Yokohama ben 53 milioni (Samsung si fermava tra 20 e 30 milioni). E l'elenco degli investitori d'eccellenza potrebbe continuare con Fly Emirates, Qatar Airways, Puma, T-Mobile, Nike, fino a Fly Emirates e Jeep.

D'altra parte, il Calcio non conosce crisi. Tanto che dal 1997 a oggi, i grandi campionati del Vecchio Continente hanno di fatto quadruplicato le proprie entrate. Secondo la Deloitte Annual Review of Football Finance 2015, i ricavi sono cresciuti proprio grazie alle crescita dei grandi campionati. Neanche a dirlo, è la Premier League a comandare nel panorama economico con 3,8 miliardi di ricavi.

Seguono la Bundesliga con 2,2 miliardi, la Liga con 1,9 miliardi, la Serie A con 1,7 miliardi. Il giro d'affari, dunque, non si arresta mai e l'era il calendario spezzato ha moltiplicato la platea di potenziali tifosi-clienti. Ecco perché gli sponsor non smettono di investire nel pallone.

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